lunedì, maggio 28

Natura dei blogger

L’articolo di Costanzo apparso su “Il Messaggero” del 22 maggio 2007, sulla difesa degli autori italiani mi sbalordisce. Ma se sua moglie ha mangiato da anni con un marchio straniero! E solo ora, che Forza Italia si è comprata la Endemol, lui se ne esce con la difesa degli autori italiani? Perché non lo ha fatto prima? Forse perché ora aspira a qualche incarico dirigenziale nel neoacquisto italico?
Poi parla della mancanza di idee, della perdita di qualità. Cosa è per lui la qualità televisiva? Quei programmi che difende a spada tratta, gestiti dalla sua gentile consorte? Se è quella la qualità, mi auguro che non si arrivi mai ad un mono-marchio qualitativo firmato C&dF. E che significa che gli autori italiani non hanno i loro spazi, ancora contraddizioni, li hanno…purtroppo; il loro livello qualitativo è sceso tantissimo. Chi scrive le fiction italiane (con attori cane)? Io più che difenderli li spazzerei via. Dirigenti, presentatori, attori e autori cane, la crisi della tv è generale. Ci sono quelli bravi che non lavorano? Ma perché non lavorano? Politica, mantenuti… sicuramente; ma colpa anche di quelli come sua moglie che ha guardato all’estero, e non perché gli stranieri autori avessero grandi idee, ma perché avevano immondizia già confezionata, meno spreco intellettivo e guadagno più rapido, un po’ come una bella balla di compost già trattata. Ed ora ne avremo tantissima e tutta italiana. L’immondizia se tu non la trasmetti io non me la vedo, ma se tu me la metti ed io non sono molto ferrato, alla fine mi ci drogo.
Quindi, Costanzo sarebbe meglio che taccia, perché il livello qualitativo per coloro che oggi guardano la televisione, il sabato sera in particolare, è bassissimo, per colpa di persone come sua moglie. Oggi la qualità se la mettono sotto le scarpe, perché se un programma non tira, non si fa; De Filippi sa come si fa, più del maritino che vive ormai sdoppiato, tra paladino della tv di qualità e la difesa degli interessi della ‘dolce’ metà. Il silenzio per lui sarebbe più dignitoso.

Io i blogger non li conosco bene, sono l’ultimo a poter parlare in materia, sino ad un mese fa neanche sapevo della loro ‘concreta’ esistenza. Ma secondo me…

il blogger è un autore naturale, superiore per qualità e creatività a qualsiasi autore Rai e Mediaste attuale, a qualsiasi autore Endemol. Eccezionale fantasista, ironico e crudele di fronte alla realtà volgare, con capacità risolutive per qualsiasi conflitto. Trae le sue ispirazioni mediante i meccanismi che hanno generato l’origine dell’arte, dalla tragedia greca, dalle commedie di Plauto, non lo sa ma è così. Perché la natura del blogger, anche se usa l’ultima frontiera della comunicazione tecnologica, è antica. Non ha bisogno di controllori perché è già controllore di se stesso.

Se fossi un presidente di qualsiasi mezzo di comunicazione terrei ben presente la possibilità di utilizzare qualche blogger come autore, alzerebbero il livello qualitativo della tv riuscendo a recuperare anche i più ‘beceri’ telespettatori che ancora guardano la trita Corrida di Scotti (che non è Corrado) con la valletta cretina e ansimano per le avventure amorose di Fefelemokò (oddio!)

venerdì, maggio 25

Il bene



Tulian non festeggiava onomastici. Quando era piccolo, la madre per consolarlo gli diceva che ancora dovevano farlo un santo con quel nome e a lui forse spettava riempire il vuoto nel calendario. Tulian crebbe nella bontà e nella giustizia, nell’amore verso il prossimo, non conosceva odio. Nessuno riusciva ad essergli nemico, a chi gli stava vicino trasfondeva serenità e ottimismo verso il futuro. Tulian era un santo, ma nessuno lo sapeva ufficialmente. Per quelli che lo conoscevano già lo era. Molte persone si avvicinarono a Tulian per ascoltare le sue parole, erano diventati talmente tanti che un giorno decise di andare dal Papa per avere la benedizione per il suo piccolo gruppo di anime. Dopo aver camminato per chilometri e chilometri, tutto stracciato con le scarpe bucate, i capelli lunghi e zozzo, arrivò all’ingresso del Vaticano. Le guardie svizzere non mossero lancia., il loro comandante aveva ordinato l’immobilità totale. Per tutte le beghe ci pensava la forza pubblica italiana. Tulian per un po’ sostò dinanzi una guardia, chiedendo di entrare. Non ricevendo risposte, decise di varcare la soglia. Fu immediatamente bloccato da carabinieri e polizia. Spinto con premura fuori: “vai, vai…”. “Ma io devo parlare con il Papa…”. “Ah, ah… la prossima volta…” Tulian si allontanò di una trentina di metri. Si sedette vicino ad un muro e attese. Ogni volta che passava un’auto con dentro qualche notabile correva vicino enunciando la richiesta di visita. I cardinali lo guardavano un attimo, giusto il tempo di chiudere il finestrino, che poi ci pensava l’autista. Ma questo lo facevano solo i più pii, altri non giravano neanche la testa. Per sei giorni senza mangiare e bere, la grande fede nel Signore lo teneva in vita. Un ispettore di polizia chiese delucidazione ai colleghi. Si avvicinò a Tulian. Era sdraiato a terra, debolissimo. “Come stai? Mi senti?”. “Devo parlare con il Papa”. “Chiamate il pronto soccorso”. Arrivò un’autoambulanza e se lo portò via. Tulian era stato fortunato perché i poliziotti lo avevano tenuto d’occhio, altrimenti sarebbe morto come un cane. Fu ricoverato d’urgenza. Rimase in ospedale per una settimana, gli infermieri lo obbligarono a lavarsi. Per tutto il tempo non aveva fatto altro che ripetere che doveva parlare col papa. Non c’era nessuno che lo prendesse sul serio, tanto la richiesta era assurda. Veniva a tutti da ridere: “Ah ah ah… tu sei tocco, bello mio, diceva una grassa e simpatica infermiera, “chi sei tu perché il Santo Padre ti riceva? Sei solo un povero straccione”. Tulian non dava conto a queste parole, per lui il Papa era colui che porta la voce del Signore. Una vecchietta, ricoverata nella stessa camera, sola e poverella, si incuriosì di quel ragazzo così silenzioso e assorto. “Dimme un po’, ma tu che ce voi di’ ar papa?” . Tulian raccontò dei suoi amici che stavano sulla montagna, che lo aspettavano, dell’amore immenso che sprigionavano verso tutte le cose del creato. L’entusiasmo che metteva nel suo raccontare, emozionò la vecchietta. “Ah, figliolo bello”, prese un fazzolettino per asciugarsi la lacrima che le era scesa sino alla bocca sdentata, “tu stai a di’ cose che nun esistono più. L’amore! Eh, l’amore… e ando’ sta l’amore? Oggi nun c’è niente, anche l’amore se paga. Vabbe’ che anche ai miei tempi …, però quarcheduno come te, forse c’era ancora.”. Tulian sorrideva alla vecchina, si alzò dal letto e le dette una carezza. La donna, che forse solo da bambina aveva ricevuto un gesto di affetto simile, gli prese la mano e gliela baciò. “Io devo andare lo stesso, sento che questo è il mio dovere. Il Papa è il Signore che lo guida”. La vecchina scosse il capo. “Senti, perché non vieni da me? Nun te ne sta’ sur marciapiede a mori’ de fame. Poi de giorno vai ar cancello a prega’ chi voi tu, ma la sera vieni a dormi’ a casetta mia. Io ho pochissimo, ma un piatto cardo te lo posso fa’ ”. Tulian aprì l’armadietto e uscì i vestiti. “E mò che fai?” “Devo andare, la mia preghiera non è solo vocale ma è il mio atto, non posso offrire nulla al Signore che la mia lieta sofferenza”. Indossò di nuovo le luride vesti. Baciò sul capo l’anziana donna lasciandola con un sorriso e se ne andò.

Ritornò ai cancelli vaticani. “Oddio, arieccolo!”, esclamò una guardia. Si mise al solito posto e attese. Dopo due giorni, un poliziotto mosso da pietà gli passò un piattino di plastica con un mezzo panino avanzato dalla sua colazione. Tulian ringraziò, il cibo della generosità dell’uomo era ben accetto. Il poliziotto gli chiese se non era il caso di andarsene. “Vai a casa, vai da tua madre che starà in pensiero. Che ce stai a fa’ qua? Ma nun l’hai capito che sì nun sei un ricco e potente questi qua manco te vedeno?” Tulian mangiava e sorrideva. “Io comunque te l’ho detto. Vattene tu prima che a qualcuno viene il ghiribizzo de farti la festa “. Tulian sorrise come al solito. Il poliziotto pensò che era proprio perso: ”…vabbe’, nun te preoccupa’. Fino a che ce sto io, almeno le mani addosso nun te le faccio mette’ da nessuno”. Passò ancora una settimana. Tulian era riuscito a tirare avanti con i soldi della carità. Un dispiego di sirene, un frullar di motori, annunciò l’ingresso del Papa, dopo un lungo viaggio. Tulian capì, si mise al limite della zona di rispetto. L’auto del Papa, tutta scura con i vetri neri passò veloce. Tulian ebbe appena il tempo di vederla. Tornò a sedersi. Due mesi andarono via. Arrivò Natale e passò. La vecchina uscita dall’ospedale dopo un lungo ricovero, era tornata a casa e aveva raccontato ad una vicina l’incontro con quello strano ragazzo. Ora capitò che la vicina passando in zona Vaticano, gli parve di vederlo e quando si ritrovò a parlare con la donna glielo disse. “Con questo freddo! Poverino, ma questo ci muore…” Si era all’inizio di Gennaio, sbuffava un nevischio e l’aria era dura come il ghiaccio. La donna prese un maglione e cappotto e li mise in una sacca, poiché c’era lo sciopero dei mezzi pubblici, lei che abitava in periferia, attraversò tutta Roma a piedi. Era notte fonda quando arrivò. Lo riconobbe subito, un fagotto raggomitolato al muro di un palazzo. Si avvicinò. “Ehi, ragazzo!” Con la sua manina esile e ossuta gli batté dei colpetti sulla spalla. Lui non si mosse. “Ragazzo…!”, appoggiò la sacca a terra, con entrambe le mani lo girò. Tulian era morto.

Filosofia politica


Per continuare con la filosofia di Ricci, è molto utile leggere questo articolo. In fondo sono cose risapute, siamo noi poveri idealisti, non della politica, ma di una società civile che facciamo finta di non sapere che 'quelli', a sinistra e a destra, quando c'è da dividere il pappone fanno parte di un unico schieramento: "la società dei magnaccioni".

Antonio Ricci, un ladro di biciclette




Non vorrei sprecare molte parole per una delle persone più ambigue e potenti dello spettacolo, Antonio Ricci. Si professa neutrale e libero, invece è un grande servo del padrone ed un artefice dell’immondizia televisiva. Non conosce tramonto, mai andato in disgrazia, il che significa che la sua ‘utilità’ è risultata preziosa a ‘qualcuno’. Una tenuta superiore a qualsiasi uomo di spettacolo delle reti mediaste, persino superiore a Fede che ebbe un duro contraccolpo quando B. lo relegò a tg di seconda categoria lasciando il posto a Mentana, a sua volta falciato per Rossella. Forse l’unico a tenergli testa è l’inossidabile 83enne Mike Buongiorno, con il quale divide la creativa nullità televisiva, ed una consistente parte di autolavaggio del fondoschiena di Lui. Veramente Lui, nella sua magnanimità, ha elargito millimetri e millimetri quadrati di epidermide del suo prezioso retro ai molteplici adepti e bavosi adulatori; si adoperano a nettarlo per tenerlo sempre pulito e lindo, come il culetto di un bambino, e lui lascia fare perché ovviamente gode di questa pratica, i gusti son gusti, allora che li paga a fare?

Autore televisivo di lungo corso e prolifico, il ‘meglio’ di sé lo diede quando ebbe la ‘libertà’ di essere ‘indipendente’.

All’origine ideò il primo deposito di starlette tette-culo, manutengole in soprannumero dello star system berlusconiano, la prima valvola di sfogo per piazzare le amanti dei quadri dirigenziali: Drive in, piùtettemenocervello… anni di lotta femminista mandati a p…ne. Per chi non ricorda, a drive in ci fu il debutto televisivo dell’attuale vicepresidente, in una dimostrazione di arti marziali, in cui già si notava l’esaltazione mentale dell’individuo, dinanzi allo zio Greggio, altro grande servo del padrone. La comicità demenziale di quel programma dilagò nella bocca degli adolescenti, creando una massa di deficienti che andava gridando: giumbotto…mi sparo un paninozzo… valbois… mattomattomatto… Pieroooo… belvolpino… assfidanken… baffettidasparviero... quellamacchinaladevimetterlaquà… badabenbadabenbaffancul… il Sessantotto gettato al cesso. Nessun comico, da quella trasmissione, riuscì ad emergere nel mondo del cinema, segno che il programma non creò talenti ma marionette di un canovaccio fine a se stesso, altro che ‘alternativa’ al mitico “Non Stop”. Ricci non scopre talenti, alimenta solo le proprie ambizioni, rigenera se stesso, qui si manifesta tutta la sua avidità.

Poi ideò ‘Striscia la notizia ’ che fu in principio presentato da Greggio e D’Angelo; bisogna dire che quando B. scoprì le proprie carte sulla politica, utilizzata come mezzo di scambio, D’Angelo, attore, comico, uomo libero uscì dalle scene delle reti mediastasi definitivamente.

E così nacquero le ‘veline’ la cosa più vacua della tv italiana, fenomeno unico in Europa e nel mondo. All’inizio le veline erano la continuazione delle ballerine di drive in, vestite alla stessa maniera, dalle forme ridondanti che piacciono tanto al Padrone. Poi Ricci affinò la scelta a quelle che sapevano meglio ondeggiare le anche, lasciandone due sole ma buone, buone per accoppiarsi con tutti i calciatori discotecari (nel frattempo ha sdoganato Eva Henger che mign..a lo era anche per lavoro). Sarei ingeneroso nel non dire che Striscia la notizia è uno dei migliori programmi di servizio televisivi, con ottimi inviati ed un gruppo di lavoro veramente all’altezza dei compiti. Quando però si entra nell’ambito politico e nella satira, Ricci srotola tutta la lingua. È palese la differenza di trattamento tra i due schieramenti politici. L’ultima trovata è di poco tempo fa, fece andare in onda un filmato bufala sulle frequentazioni ballerine sarde di B. Tutto per dimostrare che si stava esagerando nel giudicare un semplice e innocuo ‘puttaniere’ in disarmo. Eppure insiste col dire di essere sopra le parti, e in verità lui non ha un credo politico, le sue idee collimano con il portafogli; il suo padrone, per i suoi servigi, lo ha ricoperto d’oro e reso intoccabile. È ciò che accade parallelamente tra Benetton ed il suo fotografo impegnato Oliviero Toscani. Il presunto artista libero spara manifesti moraleggianti che secondo lui, vogliono far riflettere; però la scritta “United Colors of Benetton”, denuncia l’esclusivo scopo commerciale delle ‘idee artistiche ’. Presentare Striscia è ambitissimo da tutti, molti artisti dichiaratamente di sinistra si sono sentiti onorati di sedere dietro la scrivania di Striscia, addomesticati prezzolati, pronti a leggere i testi ‘educati’ da Ricci. È proprio vero che gli ideali politici o gli ideali in generale, dinanzi ai soldi contano un casso, Ricci lo sa, si permette di far parlare male della sinistra personaggi del calibro di Villaggio e Gnocchi. Comprati a suon di quattrini, sputtanati e felici. Ricci è un amico di Grillo da vecchia data, inizi in comune nella loro madre terra; è curioso come Grillo parlante non abbia preso le distanze dal suo antico compagno e autore… Ed è l’unico neo di Ricci, quello di avere ancora in considerazione il suo compaesano, nonostante questo continui ad attaccare il Padrone; ma si guarda bene dal far passare qualsiasi frase o spezzone di spettacolo di Grillo che leda gli interessi del suo unico dio onnipotente e signore. Potrei ancora scrivere delle sue altre ideazioni sempre condite da sculettanti nullità, che ormai non fanno eccitare neanche un seminarista in voto di castità, dei quiz degenerati, della Hunziker-dipendenza per mondarsi dal peccato della donna-oggetto, delle paperette… ma sarebbe solo tempo sprecato, per una persona che ha accelerato lo sprofondo della televisione italiana (insieme all’immancabile regina della mondezza che tutti sappiamo).



ps: chi è cinefilo capirà il titolo del post

domenica, maggio 20

Dal ‘ Diario di un essere perenne ’



Condizione

“io vivrò per essere dannato eternamente!”

But mine must live still to be plagu’d in hell.

Aveva previsto di sopravvivere a tutti . La sua concezione del tempo era dilatata, si poneva problemi a lunga scadenza e doveva fare i conti con l’invecchiamento della gente. Spesso le sue decisioni erano dettate da queste considerazioni. Quelli che conosceva, i suoi coetanei, crescevano, lavoravano, si sposavano, invecchiavano, morivano. Lui era il primo a sentirsi a disagio. Sembrava di volta in volta il fratello, il figlio, il nipote. Fino alla trentina di anni, quelli che lui dimostrava, gli amici non sentivano alcuna differenza, intorno ai 40 si incominciavano a porre qualche dubbio. Quando la sua diversità si faceva insostenibile, il loro impulso era quello di respingerlo, c’era qualcosa in lui che faceva paura, l’illusione della disponibilità perenne del tempo; non era nel loro codice genetico per cui, piuttosto che rimanere invischiati nelle sue maglie, la migliore difesa era la fuga. Lui, infatti non si muoveva. Sembrava andare alla deriva e lo si poteva giudicare negativamente, come abulico e un po’ vile uomo. “Dopo 600 anni ho deciso di darmi una morte, è da 50 anni che ogni giorno mi dico: oggi si conclude la mia vita. Ma non ci riesco perché ho paura, paura che oltre la morte non ci sia nulla, non so se vale per tutti ma per me, solo per me, sì; se qualcosa mi ha concesso la perenne esistenza qui, vorrà forse dire che di là per me non c’è nulla. Allora mi chiedo se non è comunque meglio questa condizione di morte vivente; felice chi non può decidere, deve morire, lo sa. Avessi avuto almeno un segno, 600 anni, nulla. Miracoli? Visioni? Mai una certezza, né diavoli, né angeli. Io ho visto come nascono i miti, le leggende, i santi. Il tempo fa dimenticare i dubbi che si nascondevano dietro le parole di chi aveva visto, alla fine resiste la diceria, ciò che desideriamo, perché tutto il resto è poco affascinante, poco magico ed il popolo vuole sognare.
Così dovrei porre termine a questa esistenza, l’unico mezzo che permette al mio pensiero di essere essenza?
Ora non crediate che i secoli mi abbiano assicurato maggior saggezza, anzi, sono un pessimo esempio. La possibilità che ho di un tempo illimitato mi fa rimandare tutto al dopo e non porto a termine nulla. Un mortale da questo punto di vista è di gran lunga più saggio di me, infatti proprio la ristrettezza dei tempi accelera il processo di apprendimento. Il mortale compie tutto in una sola vita. Io no, a me non basta una vita…

Sono pigramente privo di interessi, di ambizioni, perché averne?, non odio, non amo, tutto mi è indifferente. Non sento neanche la necessità di trovare una compagna per avere un figlio perché non devo assicurare la continuità della specie, io sono la specie, io sono il padre e sono il figlio, io sono la continuazione di me stesso. Non ho paura, non ho coraggio, sono codardo, sono audace, sono una carta bianca, indistinto, privo di umori e di colori. Me lo chiedo: chi sono? Potrei somigliare ad un albero che sta immobile e che cambia di abito ad ogni stagione; l’albero non pensa, non parla, vegeta per secoli, senza partecipare agli eventi, lascia che il vento lo scuota e che il fulmine lo colpisca. È più saggio un bimbo di sei anni che una quercia di mille anni. Forse è vegetale la mia vera natura, solo apparentemente appartengo al genere umano. C’è una forza più grande di me che mi tiene immobile, come radici grandi e profonde che mi bloccano al terreno. Non faccio nulla perché non ho stimoli, non rincorro la vita perché non mi sfugge. Ma allora a cosa serve la mia vita perenne?
Per me gli anni sono mesi, i mesi settimane, le settimane giorni, i giorni ore, le ore secondi; lascio che il tempo scivoli via, il tempo così prezioso per un mortale io lo butto via. Non ho una meta, non ho ambizioni, non ho scadenze , resto immobile come il pilone di un ponte mentre il fiume gli scivola ai lati”.

sabato, maggio 19

Qualcuno salvi quest’uomo



Mi trovo per la prima volta a difenderlo. Mi accorgo che intorno a lui c’è solo avidità. Dopo due infarti, diverse operazioni chirurgiche tra le quali una a causa di un tumore, con il petto infestato di by pass, all’età di 71/72 anni, se continua con questo ritmo di lavoro, quest’uomo ci resta secco.
Mi fa veramente pena questa situazione. Un leader di una coalizione deve avere un’attività continua, poi lui che è impegnato anche con le sue aziende per difenderne l’integrità, lavora il triplo di tutti, neanche un ragazzo riuscirebbe a sostenere questa mole di lavoro, figuriamoci un infartuato di 70 anni. I suoi collaboratori, alleati, sostenitori invece di consigliargli di fermarsi lo incitano a continuare. È incredibile, pur di difendere il loro posticino dorato, questi ambigui personaggi, questa pletora di adulatori del potere, che sanno che se lui se ne va a riposo per loro finisce la pacchia, lo continuano a tirare come un cavallo stremato al galoppo. Io credo di avere un poco di pietà. Spero caldamente, per il suo bene, che si ritiri prima che succeda il prevedibile. Se fossi suo figlio sarei seriamente preoccupato, starei molto attento a che non faccia sforzi e ‘affanculo il denaro e il potere, la pelle vale molto di più, lo pregherei di lasciare tutto per godersi ‘vivo’ la sua vecchiaia con i nipotini. Quanta cattiveria intorno a lui… così ricco e così solo…visto che io non posso nulla, mi sia consentito dargli un piccolo consiglio umano: almeno…toccati!

venerdì, maggio 18

Come ti distruggo un mito in tre secondi



Mi trovavo affacciato al parapetto che dà sulla fontana di Trevi, quello che segue la salita sulla destra, dove Totò e Nino Taranto, in Tototruffa, si soffermano per vedere l’italo-americano gabbato caricato in autoambulanza. Ero intento a tenere in equilibrio un maxi gelato sul cono, cercando di arginare lo scioglimento dei ‘ghiacciai’ nel modo che si può immaginare. “Come mai l’acqua è così azzurra, veramente particolare”, una voce femminile con accento francese; ancora non mi volto, penso ad un’osservazione gettata lì come semplice eruzione di stupore, anche perché non potevo girarmi, così intento al gelato precario. Ma la voce continua sullo stesso tema, così mi giro, lasciando che il gelato inizi a colarmi sulla mano. Una giovane signora francese, mi indica la fontana con la mano aperta. E sì, si rivolge proprio a me con un gentile sorriso. “Perché l’acqua è azzurra?” ripeto io. Rivolgo lo sguardo alla grande vasca, come se lo facessi per la prima volta: “È verniciata nel fondo!”. La signora: “Ah, capito, verniciata sotto. Ora capito perché”. Lo dice con un tono di voce tipo: "E io scema che stavo qui ad ammirarla a bocca aperta...".
Come ti distruggo un mito in tre secondi.

E forse lei voleva solo partecipare con me della meraviglia che aveva davanti…Forse si aspettava che io le dicessi: "È proprio vero, bella signora, sarà la magia di Roma...".

Che poi neanche volevo dire così, perché io l’azzurro non lo vedevo. Potevo dirle che mi sembrava un grigio-verde, che forse era il riflesso delle finte rocce o dei palazzi, che poteva anche essere il fondo ma sempre grigio verde era. La donna francese chissà come era riuscita a dirmi di fila quelle parole italiane, come mi avrebbe compreso? Ho immaginato la gentile signora andare a spifferare ai conterranei la ferale ‘verità’ sulla mitica fontana, raccontando del trucco italiano per farla sembrare più ‘attraente’, e questi esclamare: “i soliti italiani!”.

Ok, ormai è andata.

martedì, maggio 15

Una serata a Viros



Il viale alberato che costeggia il mare senza spiaggia è uno dei luoghi di rappresentazione degli indigeni. Dudo seduto sul muretto vedeva passare le belle ragazze di Viros, un gran campionario di fisicità e caratteri, vestiti aderenti, trucco alla moda. Grasse e magre, basse e alte ognuna metteva in mostra la parte migliore del proprio corpo. Ed era difficile capire se qualcuna fosse veramente brutta. Di comune c’era l’ostentazione. Chi era tutta bella non aveva problemi, vestiva come le pareva. Qualcuna dal viso spento faceva in modo che l’osservatore fosse attratto dalle belle gambe, nude sino all’inguine o stringevano la vita per esaltare i fianchi, i soliti vecchi rimedi. Quelle grasse si guardavano bene dallo scoprirsi e puntavano sull’eleganza, erano le più gelose del loro abito, facevano attenzione a non sporcarlo, i gesti lenti e le sedute controllate, dopo tutta la fatica per trovare un vestito che le snellisse; puntavano anche sul trucco, potevano spacciare la loro paffutella faccia per un bel viso di bambola: rosso sulle guance, occhi ingranditi dal mascara e labbra cariche come würstel rosolati. Chi aveva una bella dentatura restava con la bocca aperta come una paresi e rideva sempre, anche senza ragione, tanto da far pensare di trovarsi dinanzi ad una donna estremamente felice, estremamente stupida o estremamente innamorata, le donne innamorate annullano per il loro amore il sessanta per cento della loro intelligenza. Le più piccole portavano un top che lasciava scoperto l’ombelico; alcune signore nascondevano le rughe sotto uno spesso strato di cerone, fondo tinta e fard che rendeva il loro viso lucido e scuro come un livido. La potenzialità erotica delle signore era di gran lunga superiore a quella delle ragazze. Anche se non era nelle intenzioni, i loro sguardi erano carichi di doppi sensi. Per gli uomini, più o meno appariscenti, il modo migliore di mettersi in mostra era il vestito. Solo i ragazzi denudavano i bicipiti, freschi di palestra, ma erano ristretti nel cerchio della loro compagnia. Le ragazzine in due o tre camminavano allungando lo sguardo oltre la folla, sempre in cerca di un loro amore inconsapevole e parlavano, parlavano, discutevano della strategia d’attacco. Ma se lo incontravano diventavano rosse e perdevano la parola, di solito parlava quella al quale meno le interessava. Dopo passato si lasciavano andare a squittii e risatine, si giravano e tornavano all’attacco. Tutti attori tranne i bambini che rappresentavano se stessi senza alterazioni, scappavano, piangevano, correvano attratti dal viale che sembrava una pista, cadevano nelle trappole tese dai venditori ambulanti, cinesi, neri, dell’Est Europa che vendevano giocattolini e cianfrusaglie. Il bimbo si fermava e incominciava a lagnarsi con il padre, deciso a non comprargli nulla. C’erano le coppiette di ferro con lei avvinghiata al suo uomo, più era bruttina più era incollata e lo guardava in estasi. Oppure c’era un elegante giovanotto che cingeva dolcemente la sottile vita di una bomba sexy intenta a compiacersi di se stessa attraverso gli occhi sgranati degli ammiratori. Ma quando passava il pezzo da novanta allora era tutto un torcicollo, un fermarsi, un commentare senza voce, a mascelle cascanti. La top model altissima, dalle gambe infinite fendeva la folla lasciando aperto il varco. A quel punto tutte le altre sembravano insipide e i difetti truccati venivano a galla come una cartina al tornasole: gambe tozze, labbrone dipinte o labbrette rinsecchite dove il rossetto si aggrumava, bassine, spanciate, ossute, volgari nella voce e nei gesti e, perché no, anche frigide.
La rappresentazione si ripeteva identica tutte le sere, cambiavano gli attori ma i personaggi erano gli stessi. Dudo non provava più interesse a star seduto e guardare la folla, aveva una sensazione di vuoto che dopo poco lo costringeva a scappare, come esposto a delle radiazioni mortali. Aveva simpatia solo per quei padri, condannati a rincorrere i figlioli tra la gente, ad alleviare i loro pianti isterici, a portarli in braccio, mentre le mogli sfilavano, incuranti delle lamentele della prole, dei limiti della pazienza del coniuge. Il tempo perso a cercare il vestito adatto, le scarpe, la borsetta, il trucco giusto non potevano essere sprecati per correre dietro un monello. Il marito sapeva, non diceva niente; forse per tutta la settimana era stata lei ad accudire il pargolo, a sgolarsi, ora toccava a lui. Solo una sera in cui la moglie camminava su una passerella per capire se ancora era piacente, se la vita coniugale aveva intaccato il suo sentirsi giovane o il suo sexy appeal. Ecco perché lo sguardo di queste donne era più intenso di quello delle ragazzine, volevano capire…capire se il giovanotto che le guardava lo faceva con desiderio o con indifferenza. Se il rapido responso era positivo scappava loro un sorriso, non riuscivano a trattenerlo, era una piccola eruzione di felicità, misurata e composta come si conviene ad una madre di famiglia. Bastava questo perché si sentissero appagate per il resto della settimana, di nuovo a combattere col figlio demonietto, consolandosi di essere comunque delle “belle mamme”.

venerdì, maggio 11

Cronache romane

Un giorno mi trovavo a visitare il Cimitero del Verano e tra le varie lapidi mi colpì quella di una bambina che aveva subìto una morte violenta, ed era stata pianta da tutta Roma. Solo tempo dopo riuscii a collegare con un fatto di cronaca avvenuto a Roma negli anni Venti, che già conoscevo per un film interpretato dal bravo Nino Manfredi. Rosina Pelli di quattro anni, fu una delle vittime del ‘mostro’ che impazzò per Roma all’inizio degli anni Venti, barbaramente seviziata e uccisa il 24 novembre 1924. Di quella triste vicenda ci si ricorda il nome di colui che fu accusato ingiustamente ma non di quello che fu probabilmente il vero assassino. Nell'aprile del 1927, venne fermato a Capri Ralph Lyonel Brydges, 68 anni, pastore della chiesa anglicana Holy Church di Roma, con l'accusa di atti di libidine violenta nei confronti di una bambina del luogo. Fu sospettato anche dei delitti di Roma, ma venne prosciolto, depose in suo favore il console inglese che lo definì persona rispettabile. Un mese dopo venne arrestato Gino Girolimoni, 38 anni, mediatore. L'8 marzo 1928 venne assolto dalla Corte d'Appello di Roma per non aver commesso i fatti, la notizia passò inosservata. Nell'aprile 1928 il reverendo Brydges venne formalmente imputato degli omicidi delle bambine, ma dopo qualche mese fu liberato per insufficienza di prove. Girolimoni morì, povero e mai riabilitato all’età di 72 anni. Ma che fine fece tale Ralph Lyonel Brydges? Questo non si sa.

Il reverendo Brydges era persona influente, insospettabile per il ruolo che copriva. Purtroppo la Giustizia ha una grave pecca, quella di subire il fascino dell’apparenza del Potere e del Denaro. E ciò vale per tutto il mondo. Basta ricordare O.J. Simpson che grazie ad un esercito di avvocati, privi di scrupoli e avidamente in cerca di soldi e notorietà, riuscì ad evitare non solo la pena di morte ma anche la galera, per aver ucciso ex moglie e compagno di lei.

Quello che è successo a Rignano Flaminio lascia perplessi e un po’ ci fa paura. Noi vogliamo sperare che la liberazione dei sospettati sia stata garantita da una lucida analisi e non che sia avvenuta perché si ritiene che esse siano ‘persone rispettabili’. Non si tratta di delinquenza comune, non si tratta di malavita organizzata, si tratta di pedofilia, la pedofilia è un malessere che può appartenere a chiunque e può anche contagiare, come degrado mentale prima ancora che sociale, come la peste bubbonica che non fa sconti a nessuno. Il cattivo gusto che hanno avuto certi parenti degli accusati nel dire che i bambini si erano inventato tutto, il pessimo gusto che hanno avuto autori e produttori della trasmissione domenicale in cui lavora uno degli accusati, che per bocca della conduttrice davano piena solidarietà al loro collega e ai familiari. Il dubbio che ci sia dietro l’atto di liberarli, un potere smarcante che principia proprio a queste sfrontatezze, è lecito.
E questo è un ragionamento che va al di là della presunta innocenza, che ci auguriamo per loro, sia vera.

La televendita


Il venditore era una mistura di volgarità e tresciume. I due dimostranti erano a suo dire clienti e ci teneva a precisare che non li pagava. La ragazza, una bella figliola del popolo dai gengivoni da cavallo, era elettrizzata da quell’esperienza, lo si capiva da come rideva a tutta gengiva, un’insperata possibilità di apparire dinanzi una telecamera nei panni di modella. Per questo si dava un gran da fare, sulla pedana mobile, come se stesse gareggiando per un titolo mondiale, cercando di non alterare, nonostante la fatica, il suo ‘fenomenale’ sorriso. L’altro era un vecchio giovanotto un po’ appesantito. Ogni tanto il venditore gli faceva alzare la maglietta della tuta per mostrare la miriade di goccioline di finto sudore, chiaramente spruzzate con un nebulizzatore, che grondavano da un generoso rotolo di grasso, “lo vedete? questo è tutto grasso che cola”. Il venditore era un tipo alto, asciutto, sulla quarantina, belloccio estremamente trappano. Osannava il suo amore verso i clienti professando la predilezione nei confronti dei più poveri.
“Il pagamento è come volete voi. Volete pagare a rate? Pagate a rate. Volete pagare anticipato? Meglio! Ma io sono per quelli che hanno necessità quindi pagate come volete. Però se pagate anticipato mi fate una cortesia. Io in fondo voglio bene anche ai ricchi, sì io voglio bene a tutti, i ricchi e i poveri. Ma pecché m’aggia fa’ dei nemici?”. Era di una falsità spudorata, privo di freni inibitori. “Allora, per le signore, quando vi guardate allo specchio e vi facite schifo, ve la dovete prendere con voi stesse perché non avete dato retta ad Aldo vostro. Ve lo dico adesso, pensateci, poi sarà troppo tardi perché io non ci sarò più (e giù a grattarsi). Guardate quanto è bella! Sopra ci sta il contagiri, il contaminuti, il contachilometri, il regolatore di velocità, il contagiri, il contaminuti… e tutta la sfaccimma che si può mettere. Accattatevillo e poi mi ringrazierete. Ma dovete fare presto, alle prime 20 telefonate do io, personalmente, ce lo metto di tasca mia, un magnifico cornetto di corallo in regalo. Guardate qua, quanto è bello”, mostrava un pezzetto smozzicato di materiale e forma indefiniti che la telecamera aveva difficoltà a mettere a fuoco. “E non vi dico quanto costa, perché sennò pensate che sso’ asciut’ pazz’. Andate a informarvi in qualsiasi oreficeria e poi me facite sape’, e direte: ah, aveva ragione Aldo. Io non dico mai bugie!”. Intanto i due dimostranti non pagati faticavano come minatori. “Loro, io non li pago perché nun teng sord. Si sono offerti gentilmente e io ho messo le mani avanti, lo fanno gratìs perché gli piace questa magica pedana. Jenny non ne ha bisogno perché è già magra. Ma Antonio… è vero Antonio?”, rivolgendosi al dimostrante, “Antonio, fai proprio…”, e gli batte una mano sulla pancia, “Eh, Anto’, ‘a dimagri’ nu poco”. Quando non sapeva che dire ritornava su Antonio denigrandone il fisico. “Ma ora la produzione mi dicono, mettono anche una sorpresa. Sempre alle prime 20 telefonate, oltre al cornetto che, ripeto, ci metto di tasca mia perché vi voglio bene, la produzione mettono anche un pacco-sorpresa. Che volete di più? Con solo 399 euri vi portate a casa il magnifico cornetto, la sorpresa e in più la splendida pedana ammazza-grassi garantita personalmente da me medesimo!”. Si rivolge ad una voce fuori campo: “Come dite? la signora che è a telefono vuole sapere cos’è questa sorpresa?”. Si avvicina alla telecamera, degno del primo Funari: “Signo’, ma se io vi dico cos’è la sorpresa, mi sapete dire che caz...volo ‘e sorpresa è??”. Esce dall’inquadratura, lasciando per qualche momento i due ‘minatori’ in piena estasi da protagonismo. Un bisbiglio da cui si afferra distintamente un “…ho capito” e rientra con gli occhi della meraviglia agitando una mano e stringendo il muso. “Allora, me lo hanno detto adesso, la sorpresa, vi dico solo questo, è grande, grande assai, forse vale di più della pedana stessa”. Poi prima di chiudere il collegamento: “continuate a telefonare, anche quando non stiamo in televisione, lavoriamo per voi. Nunn’è che stutate ‘a televisione e nuie sparimme, simm’ semp’ cà! V’arraccumanno, non mi deludete, voi sapete che il vostro Aldo vi vuole bene. Chiedetemi tutto, tranne i soldi. Un bacio e alla prossima!”.

ps è tutto vero

mercoledì, maggio 9

ponte di ferro



La delicatezza del suo corpo era pari alla sua fragilità. Una statua di cristallo da trattare con cura. Una sola volta Gustav provò a litigare con lei. La pelle di neve ebbe una vampata che quasi la bruciava, gli occhi chiari stillarono lacrime roventi che a contatto con l’aria gelida assunsero la consistenza della grandine. Gustav provò a cambiare registro ma Chiara si era messa a camminare nuda sulla neve, come protesta a quelle accuse. Alta ed esile, l’orgoglio le faceva da corroborante. Gustav uscì di corsa con una coperta. Chiara si era seduta vicino al torrente, già livida, lui l' avvolse tutta mentre lei guardava in silenzio l’acqua che scorreva sotto le lastre rugose.

“Entriamo!”. Chiara non si mosse. Gustav se ne andò senza insistere, sapeva che solo così lei lo avrebbe ascoltato. Infatti dopo pochi minuti Chiara, stringendosi la coperta indosso, rientrò a casa. Lui non oso parlare. Il giorno dopo Chiara era a letto. Una tosse convulsa dette a Gustav il motivo di scaricale le colpe, rinfacciare la sua incoscienza e immaturità. Chiara assorbiva e non si difendeva. “Molto pericoloso”, pensò Gustav. Si sedette vicino a lei. Le spostò i capelli. “Cosa vuoi? Lo sapessi almeno…!” Dopo il grande trauma Chiara si era chiusa. L’anoressia la consumava, le stava scavando la pancia, le guance, le mani, bastava un soffio per farla cadere. Gli occhi azzurri sempre più grandi, sbarrati al mondo, assenti. Quelle dita ossute avevano ancora la forza di tenere una penna. Sul tavolinetto Gustav trovò queste parole che lesse ad alta voce, per provare a smuoverla dal suo sonno.

“Nostalgia, che significa? Non è ammissibile nella vita. Ammollisce l’animo, smorza le ambizioni, la tenacia, la perseveranza, l’intransigenza, la risolutezza, la sicurezza, le capacità, la consapevolezza, la determinazione. Immobilizza. A che serve? Genera rimpianti. La nostalgia futura…”
“Cosa è la nostalgia futura?”, le domandò. Chiara, alzò i grandi occhi ed un appena percettibile sorriso le apparve. Lei pensava che Gustav la volesse incitare a parlare e si aspettava che come al solito rimanesse muta. Ma stavolta avrebbe parlato.
“È un controsenso, non si può avere dolore di una cosa che ancora non ha prodotto i suoi effetti”.
“Ma non c’è un elenco di cose per le quali è consentito avere dolore e altre no”.
“Allora potremmo avere dolore di tutto?!”
“Possiamo avere dolore persino della nostra felicità, pensando che un giorno la rimpiangeremo”.
“Io così vivo!”
“Lo so, ma non è vita questa. Tra i limiti della felicità e del dolore c’è un tragitto che va vissuto, è quella la vita. Non c’è solo nascita e morte”.

Chiara nonostante l’attenzione all’argomento abbassava le palpebre, era stanca, spossata dalla debolezza e dalla febbre. Gustav avrebbe voluto farla ancora parlare ma non forzò. Chiara chiuse gli occhi ed entrò in letargo. Anche lui si sentì stanco, contagiato per simpatia. Cercò la poltrona più vicina e vi cadde a peso morto.

Il sole compì quasi tutta la traiettoria, spuntò dietro il bosco di betulle e accese la casa con gli ultimi raggi di rosso fuoco.

Il futuro-passato della politica italiana

Riporto parte di un'intervista fatta a 'Il Mattino' di Napoli del 9/5/07 allo storico Biagio De Giovanni sull'attuale situazione politica italiana e l'evolversi futuro. Una disamina lucida e schietta, a seguire quelle due/tre parole di un post precedente.
"...Da dove nasce il suo turbamento? «Ho avvertito in questi anni, e ho provato a dirlo ma predicando nel deserto, che il vero dramma della politica è l’autoreferenzialità. La politica è diventata un mondo a parte, è diventata una corporazione chiusa composta non da professionisti della politica, che apprezzo e considero importanti in una società moderna, ma da gente che ha un solo interesse, il potere». Nei partiti contano sempre più i signori delle tessere? «I partiti hanno ridotto il dibattito a un fatto interno dove i padroni delle tessere fanno e disfanno. La politica non si misura più con la società e quest’autoreferenzialità significa anche mancanza di controllo democratico». L’autoreferenzialità genera la corruzione? «Non voglio arrivare a questa deduzione ma posso dire che l’autoreferenzialità è l’anticamera della mancanza di comunicazione e, quindi, dell’impossibilità di verificare che le regole siano rispettate. Il risultato è che non abbiamo più una classe dirigente ma, per dirla con Marx, c’è una classe dominante che ha una scarsa responsabilità dei propri comportamenti politici». Molti Comuni, anche amministrati dal centrosinistra, sono stati sciolti per infiltrazioni camorristiche. C’è stato un abbassamento del livello di guardia su temi come la legalità e la trasparenza? «Non c’è nessun dubbio. Legalità e trasparenza sono elementi del controllo democratico e mi sembra evidente che la sinistra o il centrosinistra, non so nemmeno più come chiamarli, abbia pericolosamente allentato la pressione». Un pericolo sottovalutato? «Voglio dirlo chiaro: si sono troppo innamorati del potere. In una regione come la nostra dove le forme di illegalità sono diffuse, l’autoreferenzialità della politica può produrre quello che ha prodotto. Ma quando e dove, mi chiedo, sono state fatte analisi vere e non giustificative? Non mi risulta che ci siano state prese di coscienza collettive su questi temi». Quanto ha influito l’assenza di un’alternanza di governo? «Tantissimo. Il centrodestra, a cui a un certo punto è convenuto essere coinvolto nei giochi di potere, ha le sue responsabilità. Non si è mai presentato con un volto credibile rafforzando nella classe dirigente del centrosinistra la convinzione di essere inamovibile. Per certi versi, si sta ricreando il clima del pre-tangentopoli». Addirittura? «Alla fine della prima Repubblica si è arrivati anche perchè non era possibile un’alternativa. Il Pci, per i motivi che tutti conosciamo, non poteva governare e la classe dirigente si riteneva inamovibile. Ed è successo quello che è successo». Lei parla di incapacità della politica a confrontarsi con la società. Il Partito democratico può segnare un’inversione? «Ma per carità! Anzi, c’è il rischio di uno sdoppiamento delle oligarchie e che ci si chiuda ancora di più per difendere burocrazie e potere. Dalla Francia, al di là del risultato, abbiamo avuto una grande lezione di rinnovamento della classe dirigente, mentre qui ci si perde in ghirigori di riunioni, in polemiche su chi deve essere il coordinatore o su una data. Bah, c’è poco da essere ottimisti». p.mai. "

Se ha predicato nel deserto non so. Ma com'è che queste cose le recepiscono tutti quanti e i diretti interessati no!?!

Venezia città unica al mondo


La città di Venezia è entrata a far parte delle 25 meraviglie del mondo. La guida britannica Rough Guide l’ha inclusa tra le opere dell'uomo e i luoghi naturali unici per le loro caratteristiche.
Per non farci mancare niente elenchiamo prima le sette meraviglie del mondo antico: i giardini pensili di Babilonia, il Colosso di Rodi, il mausoleo di Alicarnasso, il tempio di di Artemide ad Efeso, il faro di Alessandria in Egitto, la statua di Zeus a Olimpia e la piramide di Cheope a Giza. Solo l’ultima è sopravvissuta ai tempi. Per le attuali sette meraviglie (clicca) si sta preparando una lista il cui esito sarà ufficializzato a Lisbona il 7/7/07 in diretta mondiale.
Nell’elenco delle 25 meraviglie della Rough Guide l’Italia spicca per il numero di attrazioni, due, a pari merito con Cina, Stati Uniti e Brasile. Cliccare sopra per i collegamenti, per maggior parte in wikipedia.
Tra le meraviglie naturali ci sono Salar de Uyuni in Bolivia, la più grande distesa salata del mondo, oltre 10.000 chilometri di deserto di sale; la barriera corallina in Belize; la catena montuosa dell'Himalaya; la maestosa Ayers Rock, in Australia, l'enorme masso rosso che cambia colore a seconda dell'ora del giorno situato al centro di una sconfinata pianura; lo spettacolare ghiacciaio Perito Moreno, nella Patagonia argentina; il Rio delle Amazzoni, in Brasile, il più grande bacino idrografico del pianeta che scorre lungo la selva tropicale; i 'camini delle fate' e le grotte della Cappadocia, Turchia; il Grand Canyon in Colorado, Stati Uniti; le cascate Victoria, al confine tra Zimbabwe e Zambia ed infine partecipare sul dorso di un cammello ad una carovana nel Sahara.
Tra i capolavori dell'uomo: la Cappella Sistina a Roma, la città di Venezia, le piramidi di Giza, in Egitto, Petra la città intagliata nella roccia del deserto della Giordania; Machu Picchu, il simbolo perduto dell'impero Iinca in Perù; la Sagrada Familia di Barcellona, Spagna, splendore architettonico di Antoni Gaudì;la Città Proibita di Pechino e la Grande Muraglia cinese; il mausoleo Taj Mahal, ad Agra in India; le rovine ed i templi Maya in Messico e Guatemala; la Grande Moschea di Djenné, in Mali; la diga di Itaipù, la più grande della Terra, al confine tra Brasile e Paraguay; il tempio di Angkor Wat, in Cambogia; le figure di pietra dell'Isola di Pasqua; la città di Las Vegas, in Nevada, Usa.

martedì, maggio 8

Il bipartisan della comicità italiana



Io non capisco come mai Fiorello piaccia proprio a tutti, ma tutti tutti. “È trooppo forte” “Mi fa morire dal ridere” “Reggo solo Fiorello” “Fiorello sei un grande” “Fiorello è il meglio di tutti”.

I politici di entrambi gli schieramenti sono lusingati che Fiorello li imiti. Un comico bipartisan. Io ho una naturale propensione alla diffidenza verso ciò che piace da a un lato all’altro. Vuol dire che qualcosa non va, che un po’ di ruffianeria è insita nella messa in scena dello spettacolo, delle imitazioni. Quando non si è né carne né pesce, forse si è dolce e il dolce ci fa fare delle grasse risate ma non ci dà gli apporti nutrienti per farci vivere adeguatamente. Insomma l’ironia di Fiorello non fa male a nessuno, pulita pulita, depauperata da qualsiasi critica a destra e a sinistra. Fiorello ha scoperto il modo di diventare grande come Beppe Grillo, senza farsi cacciare da nessuno e riuscendo a farsi amare dal diavolo e l’acquasanta. Dante Alighieri, diceva che un uomo che non si schiera, anche solo teoricamente, è un ipocrita e un codardo, o si è guelfi o ghibellini, non si può stare con due piedi in una scarpa e liberamente posarsi dov’è la convenienza del momento. La critica sarebbe aspra se Fiorello fosse un uomo di satira…

Ma no, Fiorello non è un uomo di satira, è un imitatore, un one man show all’acqua di rose. Tastare le olive a Pippo Baudo, a chi fa male, se non al proprietario delle olive. Fiorello è un neutrale, teme di pestare i piedi a qualcuno e si astiene dall’esporre le proprie simpatie politiche, persino quelle calcistiche. Ha una grande stima verso Mike Buongiorno con il quale divide i proventi per una pubblicità, e già questa cosa è una conferma del suo essere insipidamente neutrale. Belle parole per tutti quanti, per La Russa che lo adora, belle parole per Bertinotti che lo adora, belle parole per l’Inter, per il Milan, per la Roma, per la Lazio, per il Borussia Dortmund; baci in bocca a profusione per chi lo fa lavorare. Fiorello lascia le gags aperte alla libera interpretazione degli ascoltatori, ed ognuno ci vede un riferimento su e contro qualcuno. In verità quelle gags non vogliono proprio intendere niente, sono sketch da animatore turistico che cercano di non dispiacere alcun turista pagante, all’interno del villaggio, non lo conosco questo mestiere ma certamente la prima regola è questa. Ok, per Fiorello l’Italia è un gran villaggio turistico, ma fa che ci avesse ragione lui??

Le interesSANTI cause di Forum



Non tutti sanno che uno dei motivi del sovrabbondare di cause nei tribunali civili italiani, è stato la messa in onda della trasmissione Forum, sulle reti mediasettete. Ha educato milioni di pensionati, massaie e varia umanità a intentare causa al prossimo per qualsiasi futile motivo, per sperare di avere cospicui risarcimenti per danni fisici e morali. Vanno sbandierando Forum come la Gazzetta Ufficiale; “L’ ho visto su Forum”, tremano i vicini di casa, tremano i parenti, tremano tutti quelli che stanno nella cerchia di conoscenze dello spettatore agguerrito di Forum. Si mordono le dita i coniugi che dopo una lungimirante puntata di Forum, commentano: “…e noi scemi. Potevamo farla la causa al salumiere, ci facevamo risarcire per i danni fisici, aumento del colesterolo nel sangue, così si imparava a lasciare il grasso sull’ affettato, lo mettevamo sul lastrico quel carognone. La prossima volta non ci lasciamo fare fessi”. È una psiche tutta italiana quella di essere ossessionati dalla paura di essere fatti fessi.

Il giudice Santo Alighieri è visto come un santo senza macchia e senza peccato, che poi non è vero perché si prende uno stipendio da Padreterno, e tanto pulito non è ‘che interrompe le cause per mandare la pubblicità, interpretando le guide della giustizia berlusconiana, i giudici devono essere controllati dai …registi.

L’ideatore del programma fu un avvocato fallito che si sputtanò così quel poco di dignità che gli era rimasta. Quelle di Forum sono le uniche cause al mondo dove non esistono gli avvocati, o meglio dove gli avvocati sono sostituiti dagli autori, del resto anche i contendenti sono degli individui che recitano il copione, chiamarli attori è eccessivo. Il preparatissimo pubblico di Forum, costituito da sole donne, interviene con acute osservazioni e pregnanti giudizi: “Te lo farebbe vedere io che significhi avere le corna”, “aridaglie li sordi, a ‘nfame”, “ar mio paese una come te se chiameno…mmh bocca mia statte zitta” “Ma li morta…l guerrieri…” “A fijo de na mign…”, tutta gente raffinata, fini dicitori della coda alla vaccinara. Anche se alcuni del pubblico hanno fatto parte della giuria popolare per il processo Sme, brillantemente risolto con l’assoluzione dell’imputato, grazie al loro voto di perfetti conoscitori della giustizia a Pecorella.

Il bello è che le cause hanno anche i titoli, come fossero sketch (siiì…fossero). Per esempio la causa del “viagra peperino”. Il marito chiedeva alla moglie un risarcimento danni, cosa tra l’altro quasi impossibile in quanto i due erano in comunione dei beni, la donna metteva in continuazione nel suo cibo il viagra, sin dal caffè del mattino. Sicché ‘sto pover’uomo stava sempre assatanato. Fuori dalle mura domestiche faceva le meijo figure di m…a . Per esempio stava al lavoro e veniva la madre ultranovantenne del suo direttore, nel vederla lui manifestava segni di inconsulta libido, tanto da rischiare il licenziamento, rientrato grazie alla buona parola dell’anziana donna, diventata nel frattempo sua amante. Ma ci sono anche cause più leggere come quella del tizio ("Ahi, che dolor") che chiedeva tre milioni di euro di risarcimento ad una ragazza perché un lungo capello della sua fluente chioma, gli aveva sfiorato il naso provocandogli uno starnuto, ciò aveva causato la caduta della sua ventiquattrore sul piede di un passante che saltellando per il dolore era finito in strada, dove un camion per evitarlo aveva sterzato bruscamente andando a finire contro un deposito di olio che riversandosi sul manto stradale aveva provocato una serie di scontri a catena che avevano allarmato una vecchina che portava a spasso il nipotino col passeggino e che correndo sul marciapiede aveva pestato con la ruota del carrozzino il piede del soggetto facente causa. Per cui lui chiedeva questi tre milioni di euro come risarcimento per i danni fisici per curarsi il livido al piede, a carico della ragazza o in seconda istanza della nonnina o in terza istanza del bebé appena raggiunta l’età adulta. Oppure il caso del marito ("Non spazzare ma scopa") che chiedeva alla moglie di rispettare gli obblighi coniugali e consumasse una buona volta il matrimonio e lei che si rifiutava perché sino a quando non rientrava il pericolo aviaria, era meglio star lontana dagli uccelli.

In linea teorica, ormai si è stabilito che Forum è il Quarto grado di giudizio, quello delle cause impossibili. A dire il vero era incluso nel pacchetto delle riforme sulla Giustizia, se la casa delle Libertà avesse rinnovato il mandato. All’inizio del secondo mandato Lui aveva fatto preparare dai suoi avvocati una richiesta di trasferimento dei processi in sede meno coinvolta, Forum di Retequattro. Ma poi sappiamo che è andato tutto bene…

lunedì, maggio 7

tg1 per par condicio


Il tg1 neanche scherza. Riesce ad essere subdolo quando a volte propina come notizia una pura promozione dei programmi Rai.

David Sassoli: “È arrivata in Italia la star Pincher Pallinen, casualmente è ospite stasera del favoloso programma su Rai1 ‘pattinando sotto le stelle’ condotto dalla stratosferica regina del sabato sera Milly Carlucci, a seguire dopo di noi, con ascolti che hanno toccato i ventimilioni di contatti per almeno un secondo e ci colleghiamo ora con lei, la bellissima e divina… Milly, dicci, come va l’unghia spezzata della Chabotto? ha messo in apprensione i mila e mila spettatori”. La Milly risponde a tono: “Prima tengo precisare, ma non con falsa modestia, che gli spettatori sono stati almeno un miliardo, grazie al collegamento satellitare con tutti i paesi cino-asiatici”. Commento di David Sassoli: ”questa è una notizia che non può che inorgoglire gli Italiani, me ne faccio io rappresentante e garante e carico”. Milly: “Purtroppo devo dare una brutta notizia, l’estremità dell’unghia della chabotto è irrimediabilmente perduta”. Sassoli: “Ci duole profondamente…”. Milly: “Però, come si dice: the show must go, alla temeraria miss verrà impiantata una unghia finta che le permetterà di portare a termine la sua prova”. Sassoli: “Ci dà molta gioia… allora saremo tutti stasera davanti la televisione, non ti nascondo che anch’io non vedo l’ora”. Milly: “Sì, David, ci tengo particolarmente che tu la veda”. Sassoli: “Ma che, scherzi?! Anche se ho la vescica che mi scoppia, pensa preferisco farmela sotto piuttosto che perdermi un solo fotogramma di BALLANDO SOTTO LE STELLE elle elle elle…”.

Fine del collegamento. “Il tguno è finito, andate in pace”.

Un momento… e Pincher Pallinen?

domenica, maggio 6

Giornalismo o spettacolo?


Informazione giornalismo spettacolo

Già tra le prime due parole c’è il mare, figuriamoci tra telegiornale e spettacolo di intrattenimento.
È molto probabile che alcuni tele direttori giornalisti non conoscano le basi più elementari del fare giornalismo. Quando la testata di un programma è titolata come telegiornale dovrebbe avere la serietà di dare notizie che abbiano una loro decenza e un interesse generale oltre che di utilità rimarchevole se riferito a pochi. Uno torna a casa stanco dal lavoro, ha i maroni che gli girano come una turbina perché gli hanno fatto fare uno straordinario non retribuito, che gli hanno cancellato le ferie, si siede per sapere cosa succede nel mondo, morti ammazzati inclusi, su cui ha da riflettere che in fondo la sua vita non è proprio una m..rda, e sulla fiducia prende il primo tg che capita. Studio Aperto: matrimonio imminente tra Gregoraci e Briatore, lo svela Fede che farà da testimone (notizia Fedelissima); la più sexy d’Italia è la Canalis… (cioè, a parte la str..ta della notizia… ma quando mai? Basta andare in un qualsiasi negozio accorsato, ma anche non, per trovare una commessa agghindata di gran lunga più strafiga), scoperta la cozza più grande d’Italia (per questo ci sono già le scelte 'oculate' a miss Italia). Ma stiamo facendo giornalismo o promozione delle tr.ie!? Un dubbio può anche venire, fosse il “Guinness delle catzate”? E non è che questo lavoratore scojonato avrebbe voluto sapere un po’ di più sulla situazione in Iraq, dello stramaledetto tesoretto che pare vogliano nascondere per una colossale caccia al tesoro a posti riservati, dell’abbassamento dell’età pensionabile!? anche se non serve a risollevargli la vita, anche se una cavolo di notizia in più non gli sistema granché. Però, cavoli, è un telegiornale o no, un po’ di serietà! altrimenti chiamalo cronaca rosa, chiamalo… scindilo in due parti nette e separate, come ha fatto quel lungimirante Fede, prima le notizie su Berlusca e poi sulle veline; non mettere quelle ‘notizie’ del casso nei titoli di testa, affianco al processo di Cogne e all’assassinio nella metropolitana. Slega le due cose, usa il cervellino! E non ti viene di andare dal direttore rosa e vomitargli un supplemento di turpiloqui da farlo singhiozzare a tal punto che con la glottide si auto-registra le corde vocali e si ritrova finalmente una voce che non fa più a pugni con il suo sesso?!

sabato, maggio 5

Io avevo sete


Io avevo sete e mi diressi verso la fontanella della piazza, dimenticando che era eternamente rotta. Poco prima di raggiungerla degli stranieri extracomunitari, forse del Marocco, mi fecero dei cenni. Erano a bivacco nei giardini, seduti sull’erba con bottiglie di birra vuote al centro del gruppo, palesemente ebbri. Dapprima pensai che volessero una sigaretta. Alla mia risposta negativa mi chiesero se avessi un attimo di tempo, per parlarmi. Acconsentii, poiché proprio allora stavo cercando di portare a termine una scocciatura che non aveva termine per mia pigrizia, e la condizione di quei derelitti era indubbiamente peggio della mia. Mi chiesero di dove fossi ed uno di loro mi disse che conosceva quei luoghi. Non avevano ancora una gran padronanza dell’italiano. Alcune cose le afferravo, altre no. Ma capii dove volevano arrivare. “Tu vedi noi, dove siamo?!”, presero il discorso alla larga. Avevano l’ orgoglio residuo di non chiedermi direttamente dei soldi, volevano che capissi da me, volevano giustificare la loro richiesta. Farfugliarono qualche parola, qualcuno si frapponeva per precisare per soccorrere la spiegazione del compagno. Finché quello di loro che mi aveva fermato, con gli occhi tristemente strabici, intervenne perentorio sugli altri: “No! forse meglio dire…”. Cioè senza mezzi termini mi disse se potevo dare loro pochi soldi. Poi rivolgendosi al suo amico: “Bisogna parlare chiaro”. Io non ebbi il coraggio di negargli qualcosa, più di quanto mi avessero chiesto. Mi ringraziarono, poi mi domandarono un po’ di me, se credevo in Dio, che cosa facevo nella vita. Mi strinsero tutti la mano. Era come se cercassero di sdebitarsi, e lo fecero: mi augurarono di avere tanto coraggio. Io li ringraziai e dissi loro che speravo nella fortuna. Fu qui che rimasi colpito dalle loro parole: “No fortuna! La fortuna lasciala a Dio, coraggio, coraggio, ti auguriamo di avere tanto coraggio”.

Lungo il tragitto del ritorno pensai a quella parola: coraggio. Dunque coraggio non è un augurio, non ti può piovere dal cielo, il coraggio o ce l’hai o non ce l’hai. Ma la volontà, la preparazione non erano necessarie?

Allora mi ritornarono in mente le parole di una lettera che mi scrisse un uomo, un grande uomo, che mise sempre al primo posto i principi di libertà e uguaglianza, lui mi augurava di ‘soffrire, soffrire, soffrire’, detto così sembra un malaugurio, ma dietro quelle parole mi stava dando un insegnamento che forse non ho mai avuto il coraggio di seguire sino in fondo; per lui misurando il grado della nostra sofferenza si poteva capire se stavamo facendo le cose per bene, se stavamo seguendo e lottando per i nostri principi senza tradirci. La sofferenza è la prova che il nostro impegno è reale, va verso la giusta via, che portiamo avanti con le nostre forze ciò in cui crediamo.

Dopo una discreta meditazione compresi che anche questa sofferenza è inclusa nella parola coraggio. Bisogna averlo se si vuole combattere. Le parole di quegli esseri abbandonati erano stillate da la dura prova della vita, erano loro che cercavano coraggio e mi contraccambiarono con il sapere più prezioso che avevano imparato. La prova su se stessi, soffrivano e solo con il coraggio potevano resistere. Non potevano che avere detto una verità. Molto più sincera di altre verità uscite dalla bocca di grassi e agiati filosofi accademici. Quei cinque malconci nord africani mi avevano espresso molto più di qualsiasi saggio satollo. Bisogna avere il coraggio di soffrire per andare avanti, il coraggio di soffrire quando la vita si fa in salita.

venerdì, maggio 4

Per non dimenticare


Il più grande attore comico italiano vivente esportabile nel mondo.
Dopo la dipartita dei quattro grandi moschettieri della commedia italiana: Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Alberto Sordi, Nino Manfredi… teniamocelo caro.

cartoons


È arrivato in Italia, in occasione del festival del fumetto a Napoli, il padre di Goldrake, Go Nagai. Questo cartone animato giapponese, insieme ad Heidi, ha segnato un’epoca. Quando facevo presente a mio nipote, quanto fosse bello vedere Goldrake, lui: “guardavate questa schifezza (per non dire altro)?!”. Lui cresciuto con Dragonball, lo sa bene che in uno scontro ipotetico tra Goldrake e Dragonball, il secondo gli farebbe un c.lo così; neanche il tempo di lanciare il maglio perforante che una sfera…energetica (non fate caso ai puntini non vogliono intendere niente di allusivo, solo il tempo di telefonare a mio nipote per domandargli il nome della sfera) lo polverizzerebbe all’ istante. Che poi a leggere le due storie, non è che cambi molto: un essere dai poteri super arriva sulla Terra, ultimo della sua stirpe e mette a servizio del pianeta le sue forze per contrastare il male… mi ricorda tanto qualcosa, questi Giapponesi così abili a copiare e a perfezionare le idee degli altri.

Heidi invece è un cartone animato che ancora attrae e non solo i più piccoli. Ricordo, quante canzoncine sconce si inventavano partendo dalla sigla della Viviani. Un giorno, accennai il motivo pulito: “Heidi, ti sorridono le capre…” ed il mio amico non la smetteva di ridere, e che avevo detto, non la ricordavo mai. Che poi a pensarci bene, non ho mai visto un monte sorridere. Invece le caprette avevano ben donde di essere contente nel vedere Heidi; almeno metteva fine al loro calvario di soddisfare quel vecchio montanaro solitario… Poiché Heidi non era una vera bambina ma una nana di trent’anni ninfomaniaca. Mise subito le cose in chiaro: “Vecchio, se pensi che sia arrivata sin quassù per farti da badante o altro, ti sbagli di grosso, il c.lo te lo continuerai a pulire da solo”. E via sui monti a infrattarsi con Peter, che arrivava a casa sempre più emaciato e la madre: “Peter, quante volte ti devo dire di lasciare in pace le capre…fatti accompagnare da Heidi che è tanto una bambina giudiziosa…”. Poi c’era l’amica Clara, povera ragazza piena di amore per il prossimo, costretta su una sedia a rotelle. Ma che, se le gambe erano paralizzate, tutto il resto, però, lo usava eccome. Il personaggio più pulito era la signorina Rottenmeier, più nota con il nome di signorina Rottenculer, che subiva gli scherzi maligni delle due perfide bambine. E poi la nonna, le cameriere, il cane S. Bernardo… Orge e nefandezze varie degne della penna di un De Sade.

mercoledì, maggio 2

Oggi il Vangelo è il più grande nemico della Chiesa Cattolica Romana


La Madonna del Carmine è una di quelle tante Madonne verso le quali i napoletani sono devoti, Madonna di Pompei, dell’Arco, di Montevergine. Il sacerdote che celebrava la messa nel periodo natalizio, nella chiesa della Madonna del Carmine, era africano. Da quando si cantava “chillo ‘o fatto è niro niro comme a ché” ne è passato di tempo. Ormai le vocazioni in Italia scarseggiano, la Chiesa saccheggia il Terzo Mondo a piene mani, perché solo lì ancora ha una ‘tenuta’.
L’avvento di questo papa segna l’inizio della fine; è quando si capisce che la forza incomincia a mancare che ci si richiude in sé stessi, per difendersi. Le nuove generazioni non sono più disposte a credere ed a seguire una dottrina che non riescono a comprendere perché in continua contraddizione con il potere centrale della Chiesa stessa. Volendo disegnare uno scenario futuro, potremmo ben figurarci un vecchio clero che si regge su un potere, non più legato anche alla fede ma alle proprietà, alla ricchezza, ai titoli bancari. Facile intuire che resterà solo uno ‘scheletro’ materiale: l’istituzione economica, i beni e gli intrecci politico-finanziari. Quanto tempo durerà questa condizione non è facile dirlo, ma tutto ha un termine, nessun ‘bene terreno’ è destinato all’eternità, come ci insegna il Vangelo. Del resto il paganesimo durò alcune migliaia di anni, l’impero romano sembrava non avere mai fine ed ora ci restano questi magnifici ‘scheletri’ che continuano a dar monito sulla futilità del potere, religioso e politico. La Chiesa è un potere gerarchico. Se il peggior nemico della Chiesa dalla fine del XVI secolo in poi fu la ‘ricerca scientifica ’, oggi che abbiamo ridotto la ‘Bibbia’, per quanto concerne l’Antico Testamento, alle sue giuste dimensioni ed anche accettata come insegnamento simbolico, il peggior nemico è il ‘Vangelo’. Leggere il Vangelo e confrontarlo con l’attuale sistema ecclesiastico-cattolico produce uno stridore che fa venir meno qualsiasi buona intenzione di accettare questa istituzione e considerarla credibile; poiché proprio il Vangelo ci insegna a fuggire le ricchezze terrene o perlomeno a non considerarle prioritarie. Gesù che era povero tra i poveri ed ultimo tra gli ultimi, lasciò a Pietro l’eredità di questo messaggio, povero tra i poveri, ultimo tra gli ultimi, era il segno distintivo dei Cristiani rispetto a ‘tutti gli altri’. La Chiesa Cattolica Romana regge quell’eredità!? O forse è passata dalla parte di ‘tutti gli altri’? Sta di fatto che accettare integralmente il messaggio cristiano significa allontanarsi integralmente dalla Chiesa Romana, da una parte di essa. La vera Chiesa eredità di Pietro non sta arroccata in Vaticano, tra agi e privilegi, deposito sontuoso di secoli di donazioni, anzi quella è la coda equivoca. La vera e unica Chiesa è nei poveri parroci di confine, a contatto con gli ‘abbandonati’ da Dio, è nei missionari che si trovano in compagnia di sorella Morte, rischiando ogni giorno tra guerre e malattie. Mentre gli alti prelati, al calduccio delle stanze delle loro sfavillanti dimore, tra cene e gala con la crema della società, tra intrallazzi e importanti decisioni per difendere il potere e la cerchia dei loro protetti, avranno anche la porta del Paradiso aperta, ma a forza di ‘mangiare’, con lo spirito così gonfiato, rischieranno di non entrare più per quella porticina, molto più piccola dei grandi portoni dei palazzi dove risiedono. Forse si sacrificano per permettere a quei missionari e parroci di compiere il loro dovere. Forse è così, si sacrificano all’Inferno, nel lusso, per il bene dell’umanità, sinceramente sarà così.

Partito Democratico


Una nota sul partito democratico

Ma cosa hanno cambiato? Si sono solo fatti una bella mischiata di carte, ma i re e le regine sono sempre gli stessi. Chi piangeva, chi abbandonava; ma cosa? la politica? seee e mò lo lasciano il pappone. Questi cambiano solo pelle, come i coccodrilli e piangono anche. LE PERSONE DEVONO CAMBIARE, non i nomi dei partiti. Via, via; cosa credete di avere, in eredità un’impresa di famiglia?! Dirigenti di sinistra, per il bene della sinistra RITIRATEVI. Largo ai giovani, alle nuove idee. Con le solite facce non potremo che continuare a perdere, anche quando vinciamo. Che tristezza.

Le inchieste impossibili di Voyager


Il programma Rai di Roberto Giacobbi è molto interessante. L’ autore e presentatore dà continui stimoli agli spettatori e pone seri quesiti, anche per ciò che noi ritenevamo scontato, svelandoci inquietudini represse: le Piramidi sono state fatte dagli extraterrestri? Il sacro Graal è nascosto a Saint Tropez in attesa che venga svelato da una guida turistica mandata dal Signore? Questi sono i suoi cavalli di battaglia che ripropone di tanto in tanto, anche perché ormai sta grattando nel fondo del barile dell’immaginario comune. Nuovi e ancor più angoscianti interrogativi ci proporrà per la prossima stagione televisiva.
Un aumento delle pantegane a Roma ha mobilitato alcuni biologi che hanno lanciato un terribile allarme: al grido di ’pantegane di tutte le cloache, uniamoci’, questi simpatici animaletti si starebbero ammassando come truppe alla frontiera per occupare la città e spodestare Veltroni. Giacobbi travestito da panteganona, si è infiltrato nella Cloaca Massima, tra le schiere dei roditori, tra l’altro senza destare alcun sospetto, per carpire i segreti dei piani di battaglia. Ovviamente con grande sprezzo del pericolo e rischio di essere derattizzato dalle squadrette degli operai del Comune.
Poi c’è l’ipotesi ricorrente sulla vera natura di Andreotti, alcuni lo considerano un non-morto e si dice che esistano delle antiche scritture che già menzionavano la sua presenza nel Senato Romano ed altre che lo indicano come il conte di Cagliostro redivivo, documenti che sono custoditi gelosamente dentro la sua gobba. Giacobbi indagherà anche sui veri motivi dell’abbandono del progetto Ponte sullo Stretto di Messina; il Nostro camuffato da fotocopiatrice si è fatto portare all’interno delle stanze del Ministero dei LLPP ed ha scoperto che le ragioni non sono né politiche né ambientali, ma di banale convenienza economica: i tempi di costruzione sarebbero talmente lunghi che nel frattempo la Sicilia e la Calabria, a causa del movimento delle zolle e relativo innalzamento delle terre, si saranno già unite da sole. Altre rivelazioni di Voyager ci lasceranno sconcertati, puntate che andranno in onda solo in ora tarda con bollino rosso. Bertinotti, una vita da comunista con un solo desiderio: diventare Presidente della Camera per entrare nel salotto di lady Angiolillo. In tal caso è stata impiantata una microcamera in un neo di Vespa, poiché nel villino Giulia è in pianta stabile più della consolle d’ingresso, valletto di corte durante le ospitate e moro porta vaso nei momenti di stasi; ma la notizia è una bufala perché Bertinotti c’era già entrato, camuffato da Bertinotti! Un’altra sconcertante verità: la Carfagna è diventata elemento di spicco di F.I. perché è una persona preparata intellettualmente e politicamente. Era stata esaminata direttamente dal suo capo. Travestito da divano, Giacobbi si era introdotto nello studio privato del capo, in attesa che se la interrogasse, e lei rispose a tutte le domande richieste proposte, purtroppo secretate, con esito positivo, una sfilza di sì”! (Sono io il tuo Signore? Mi ti si faresti se io fossi l’unico uomo sulla Terra?...quei pochi quesiti carpiti, poi si sono seduti sulle sue orecchia, lui era il divano, e non ha sentito più niente se non l’esito finale: promossa a deputato di F.I.). Roba da sconvolgere il sonno degli elettori che l’hanno non-votata (attuale legge elettorale). La Bianchetti sarebbe una mandante dell’Anticristo, Del Noce una sorta di Igor soggiogato dalla sua volontà, per tale servizio Giacobbi si è nascosto nel boutiques di Bianch… di Del Noce. Ha così scoperto che quest’ultimo mangia le mosche come l’aiutante di Dracula, le mosche-microfono, quelle che si attaccano nei baveri dei vestiti, mentre i microfoni-gelato che non può ingoiare per rabbia li usa come oggetti contundenti.

Un soffio

Un soffio

Bastò solo un soffio per aggiustare le tendine. Lo fece così, in modo istintivo, senza pensarci, per pigrizia. Subito dopo, come svegliatosi da una ipnosi, si chiese come fosse possibile fare qualcosa con un soffio; alla pari di un gesto magico, uno schioccar di dita, uno strizzar d’occhi, un agitar di bacchetta. Poi meditò sull’utilità pratica del soffio: spegnere una candela, far scivolare la polvere da un libro, far saltare un moscerino dall’occhio. Allora gli sembrò cosa normale. Quindi si spinse oltre e incominciò ad elencare una serie di altri gesti. Soffiare sulla pelle della persona amata nelle notti focose d’estate, gettare alito caldo sulle mani nei rigidi inverni, raffreddare un pasto o una bevanda bollente. Mentre meditava su tutto ciò, il respiro, calmo e costante, aveva leggermente appannato il vetro. Con un lento movimento, vi passò la punta del dito tracciando delle linee confuse. Ritenne giusto credere che quell’alone umido fosse l’impronta del soffio. Si fermò di colpo. Come gli poteva essere sfuggito? Con un soffio Dio aveva creato l’uomo. Era un atto di vita, inspirò profondamente e poi con misurato dosaggio fece refluire l’aria dai polmoni. Un torpore lo pervase, la testa incominciò a girargli, una grande stanchezza lo colse. Fece qualche passo, le pupille rotearono all’indietro, cadde svenuto. Passò appena un minuto, nei primi secondi dal risveglio credé di aver dormito un giorno intero. La perdita di memoria durò poco, arrancò verso il letto e lì rimase sino all’approssimarsi del tramonto. Un insistente citofono reclamava di essere ascoltato, il suono entrò nei suoi sogni, dapprima come rumore lontano poi sempre più forte, finché lo destò. Sapeva chi era, guardò l’orologio. Con un salto scese dal letto e andò a rispondere. Poi corse a vestirsi, si infilò il maglione che per la fretta non spiegò sull’addome. Solo nell’ascensore si aggiustò e si allacciò le scarpe. Una pettinata con le dita prima dell’apertura delle porte, ed eccolo pronto. Lei era in fondo al viale, rischiarata dalla luce di un negozio. Valeria non sapeva se mostrare contentezza di vederlo o piuttosto disappunto per il suo ritardo. Era la terza volta che provava a chiamarlo, dopo un’ora dall’appuntamento. Lui la salutò con un fugace bacio sulla guancia, lei non contraccambiò, aveva deciso la linea dura. Allora le cinse la vita e la spinse a passeggiare. “Ma lo sai che mi è successo?”. Le raccontò del piccolo svenimento e solo allora Valeria si sciolse. Spesso lui dubitava che lei lo amasse ma non le aveva mai fatto presente questa incertezza. Se non era vero le avrebbe dato un motivo per pensarci. Ma lui stesso non era sicuro di amarla. Era bella Valeria snella, agile con degli occhi luminosi. Eppure non riusciva ad abbandonarsi completamente. Aveva la sensazione di vivere solo una breve avventura; forse per questo aveva paura di lasciarsi andare sino in fondo, avrebbe sofferto se un giorno lei lo avesse lasciato, forse avrebbe sofferto anche così. Per parte sua, Valeria nonostante la freddezza riteneva di non essere amata a sufficienza e meditava veramente di lasciarlo, per timore di essere preceduta. Era un grande malinteso.

I due portavano avanti il rapporto, senza una convinta spinta emozionale. Era un gioco di resistenza molto cerebrale in cui si consumavano a vicenda. Questa volta lui ebbe il coraggio di parlarle: “Senti, se tu non vuoi stare con me io non ti trattengo. Sei libera di fare ciò che vuoi”. La donna lo prese come un segno di disamore, non rispose. Lo guardò negli occhi intensamente per capire il valore di quelle parole, più che il significato oggettivo. Lui abbassò il capo volgendo lo sguardo a terra, in quel momento pensò di aver sbagliato. Quell’ulteriore gesto fu interpretato da Valeria come un atto di codardia. Ritenne a quel punto essere giunto il tempo di dire cosa ne pensava, trattenne l’emozione; cercò di recitare la parte di chi fa finta di cascare dalle nuvole e che con voce sufficiente fa volutamente trapelare la propria indifferenza. “Cosa dici? Ho sempre tenuto a te. Le tue parole mi lasciano sorpresa, che ti devo dire…”.

Ora aspettava la sua reazione e lui cadde nella trappola, ritenne che se la storia doveva finire, ebbene le avrebbe scaricato tutto il rancore represso: “Tu non mi hai mai amato!”, e lo disse con una voce cruda e decisa. Valeria controbatté, semmai era lui che non l’aveva amata. Poi stanca di recitare il ruolo distaccato ma tenendo sempre alto l’orgoglio: “Mi vuoi lasciare? E vattene! Chi ti vuole… vattene! Mi sono stancata di te, bravo… lo hai capito?!” Lo disse tutto di un fiato e si avvampò, le era venuto anche un groppo in gola. Lui restò perplesso, c’era emozione in quelle parole e c’era un fremito in quel volto. “Ma io non ti voglio lasciare”, le disse con voce flebile e stanca. La ragazza lo fissò, questa volta lui non abbassò lo sguardo, poi lei volse la testa altrove, ma senza muoversi dalla posizione. Poco distante c’erano dei bambini che giocavano, si schizzavano l’acqua di una fontana e si erano completamente inzuppati. “Guarda come si divertono”, Valeria osservava sorridendo. Lui li vide: “Quando se ne accorgeranno le madri, sai che risate…”. Ci fu silenzio, lei continuava a tenere il capo girato. “Valeria, dimmelo tu, dopo questa oscurità… che deve venire?” Lei ritornò a fissarlo. I grandi profondi occhi in cui un giorno lui si era perso, erano quelli della prima volta, non erano cambiati e non capiva perché li aveva persi. Ora li ritrovava, allora capì. Si strinsero, continuarono a passeggiare, senza dire altro, come se nulla fosse successo. Poco dopo, in lontananza, i pianti disperati dei bambini e le grida rompi timpano delle madri. Le grandi nuvole grigie che per tutto il giorno avevano imperversato sulla città, stavano stancamente lasciando il campo. Si era alzata una lieve brezza, un soffio di vento. Il sole finalmente aveva trovato un piccolo spazio, incastrato tra cielo e terra, una calda carezza di luce prima di tuffarsi oltre la notte.