Poi uno magari se lo chiede, il perché un romanzo debba essere scritto per forza a romanzo, organico, senza salti, spurie, richiami all'attualità, a nomi fatti e persone, altrimenti diventa altro, diventa cronaca pensieri racconti e puttanate varie.
Invece no, e chissenefrega, allora... la prima volta che ebbi conoscenza del fumetto TNT, fu da bambino nella spiaggia di Erchie, in una ventosa e ghiacciata giornata di inverno, con un cielo abbagliante. In quei tempi i ragazzini erano divoratori di fumetti dal classico Topolino, a Braccio di Ferro, Soldino, Nonna Abelarda, Provolino, Tira e molla, il diavoletto Geppo... tutto finito a parte il primo. Eppure l'ironia che i soggettisti mettevano in quelle storielle non era destinata semplicemente ad una elementare striscia per imberbi. Ricordo una storiella di Provolino in cui lui si lamenta del suo albero di Natale scarno di decorazioni e non ha soldi per comprarle; dopo una serie di fortuite avventure, viene premiato con scatoloni pieni di palle e festoni di Natale. Addobbato finalmente l'albero, è più triste di prima; il nonno gliene chiede ragione. "Perché adesso l'albero non si vede più!".
Non molto distante dall'ingresso alla galleria, ora chiusa, tramite la quale, con un claustrofobico cammino a schiena bassa, ci si immetteva nella suggestiva spiaggetta dello scoglio, c' era un cumulo di cartacce e spazzatura, resti di un fallito falò di spazzatura. Il vento vorticoso spargeva l'odore acre della cenere; tra i resti bruciati il mio sguardo fu attratto dai vivaci colori di una copertina, un fumetto che non conoscevo, le pagine sciolte svolazzavano in libera uscita. Saltellando sulla ghiaia, rincorrendo il vento riuscii a ricomporre il misterioso giornaletto. Era l'ormai già raro numero 2 di Alan Ford. La permanenza in casa di quello sgangherato fumetto durò per anni, sino al giorno in cui mia madre, a mia insaputo, lo gettò via con le cose inutili e "rotte".
continua
Rigiravo una bilia tra le mani, con il vetro screpolato dagli anni; era stata vicina ad un libro, uno di quei gialli a mattone, di quelli che fanno tante copie di vendita, in cui l'autore infilza una miriade di indizi fuorvianti, per costringere il povero lettore a leggere il "capolavoro" sino all'ultima pagina, all'ultimo rigo dove forse si svela il colpevole; i bravi giallisti neanche lo fanno, rimanendo sul vago: "è stato il cameriere... la contessa aveva una espressione di perfida soddisfazione" . I lettori più in gamba, tra quelli che hanno in casa un caminetto, possono trovarla da loro, la soluzione, nelle fiamme. È una scrittura un po' così, uno scrittore di successo si alza al mattino e come gli gira, pensa e rimugina con gli occhi abbuffati dal sonno perché è andato a letto tardi per scrivere pagine di stronzate che attendono di uscire di casa il giovedì con la differenziata, carta e cartone. Va in bagno a lavarsi i denti e gli cade il dentifricio sul lavandino, che disegna una svirgolata sottile con un goccione finale spiattellato a forma di stella cometa; il cervello da giallista incomincia a tritare elementi; il segno la prova la signora William sputa il rossetto sullo specchio, o è sangue? A colazione decide, è succo di marmellata di visciole, la stessa che sta abboccando con una fetta di pancarrè. Che fantasia, che esaltazione creativa!
E la pallina? Ah la pallina
continua