Tanti anni fa, prima della dittatura capitalista, quando l'Italia era una repubblica democratica
esistevano le preferenze al voto. Le preferenze permettevano al POPOLO di eleggere i
candidati direttamente, con il maggior numero di voti; per questo motivo i deputati eletti si
chiamavano a ragione RAPPRESENTANTI DEL POPOLO, perché era il popolo che li
sceglieva. Gli onorevoli deputati dovevano dar conto ai loro elettori delle promesse fatte e
della regolarità dell'operato, pena il rischio di perdere i voti alle elezioni successive. Non era
una democrazia perfetta ma almeno in questa maniera esisteva un certo autocontrollo. I
politici sapevano che non avevano ereditato la poltrona a vita e anche i dirigenti dei partiti, se
non si assicuravano i voti meritati potevano rischiare di essere detronizzati dalle nuove leve
che arrivavano forti di una dote di voti.
Non era proprio una democrazia perfetta, ma se i rappresentanti duravano a lungo era
perché soddisfacevano gli elettori; la dittatura che sopravvenne per giustificare la cancellazione
delle preferenze, accusò questo obbligo dei deputati verso il popolo elettore di clientelismo;
annullando le preferenze i deputati, eletti esclusivamente dalle segreterie dei partiti, non ebbero
più la palla al piede di dover dar conto agli elettori, ma concentrarono il proprio, e questa volta
vero, servilismo solo nei confronti del capo del partito, che diventava il proprietario di fatto
incontrastato del partito stesso. Il popolo perdeva la sua sovranità per cederla totalmente al
presidente del consiglio, al quale delegava anche la scelta dei rappresentanti, non più del popolo
ma del capo del partito. Infatti dopo che le preferenze furono eliminate accadde che il potere
delle dirigenze dei partiti aumentò enormemente, non avendo più l'obbligo di accettare i voleri
dell'elettore. Con la scelta tutta interna alle segreterie, secondo le convenienze di scambio, si
serrò in cassaforte il vertice, e si negò il naturale cambio generazionale in Parlamento.
I deputati per avere la certezza di essere rieletti non dovevano più dar conto agli elettori, non
accettarono più tavoli di trattative e pareri discordanti. Concentrarono il loro interesse solo
all' accondiscendere il volere del vertice e a compiacere ogni decisione sua personale.
La composizione del Governo diventò una assemblea di volenterosi servitori del
padrone-presidente del Consiglio. Da parte sua, il capo del partito unico ebbe l'arduo
compito di curare la propria immagine perché era l'unica rappresentazione del partito da
presentare all'elettorato. La cura dell'immagine divenne maniacale. La totale identificazione
del Partito con il suo capo portò al culto della persona, trasferito poi al culto del potere
centralizzato nello Stato.
La dittatura capitalista in Italia, (un altro esempio di dittatura capitalista era in Russia ma con
applicazioni di lobby capitalistica), consisteva nell'accentramento economico o di controllo
delle risorse del paese da parte di una sola persona, più durava la sua permanenza al
Governo più aumentava il suo potere economico e più aumentava il suo potere economico
più su rafforzava il potere politico, dicesi DITTATURA CAPITALISTA; le leggi venivano
prodotte in maniera tale da creare terreno bruciato per qualsiasi pluralismo, a favore degli
interessi personali del capo del partito unico. Il passaggio dalla repubblica democratica alla
dittatura fu causato dalla pochezza della sinistra italiana, troppo presa dalle lotte di potere
interno, dagli interessi privati e dalla ricerca esclusiva dei privilegi, più che dal dovere di
governare, e del resto la legge elettorale che annullava le preferenza fu accettata
mutuamente dalla sinistra, che ambiva agli stessi vantaggi politici. Molti storici fanno
un parallelo con quello che accadde dopo 1922. L'Italia veniva dal governo Giolitti che aveva
tenuto a bada i socialisti, a difesa di una borghesia paternalista, appoggiando
silenziosamente gli interventi delle squadracce fasciste contro gli operai durante le proteste;
il palese depotenziamento da sinistra si era già consumato due anni prima della Guerra con
il Patto Gentiloni con i Cattolici. Mussolini acquisì il consenso popolare, contestato, alle
elezioni e con una legge elettorale nel 1924 permise di mantenere la maggioranza del PNF
in Parlamento. Allora il livello di istruzione era molto basso, neanche il delitto Matteotti
risvegliò gli animi. La durata del governo fascista fu lunga e totalitaria, su una popolazione
che aveva assorbito la campagna di denigrazione contro i socialisti; popolazione in gran
parte di analfabeti che inneggiava all'uomo forte senza una chiara idea di quello che stava
accadendo. La storia insegna che le dittature non sopravvivono al dittatore che le fonda, al
meno si trasformano in qualcos'altro. Nell'Antica Roma si trasformò in Impero, ma i Romani
se lo potevano permettere. Noi siamo un paesello tranquillo senza pretese egemoni, che si
accontenta di essere una piccola Repubblica democratica con il popolo reale e sovrano e
libertà di espressione.
3 commenti:
Adesso solo BUONGIORNO (accompagnato da un forte abbraccio).
Poi passo a leggerti!!!
(perchè meriti attenzione... mica solo una scorsa e via...)
Bonjour Fabio!!!!
Vabbè, oggi però,tutto sommato, è stata una bella giornata, carica di speranza. Speriamo ben riposta.
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