Si pose dinanzi al quadro. La sua volontà di decifrarlo non era pervasa dal senso critico. Era emotivamente passivo, interessato ad analizzarlo come materia. In maniera tale che avesse a che fare con qualcosa di amorfo, dall’origine sconosciuta, senza dar per scontato che si trattava di un quadro, colori ad olio su tela. Partiva da zero come se tutto quello che lo circondava fosse nuovo, come un alieno curioso e meravigliato. I colori perdevano di significato; la composizione, l’accostamento che portava alla rappresentazione era annullato. Erano solo sostanze, diverse sostanze impiastricciate su un supporto. La tela, un insieme di fili di origine vegetale composti e tirati su un telaio di legno, non aveva minor valore come oggetto in sé. Di conseguenza quell’intero gruppo di oggetti che veniva chiamato ‘quadro’ aveva egual peso delle singole parti. Avvicinando gli occhi a pochi centimetri le forme sparivano, i contorni si perdevano in vaghe fughe. – Cosa è? – domandò ad Alina che su suo consiglio osservava la tela ad un palmo.
– È un quadro! – rispose sicura.
– Ma tu che vedi? – insistette Alienson.
– Un quadro – replicò lei.
– È perché lo sai, però…se ti fossi messa vicino senza saperlo, come avresti capito? cosa avresti risposto?
– Un quadro! – ora Alina sembrava divertirsi nel dargli la stessa risposta.
– D’accordo, è un quadro…– si mise a meditare qualche attimo. Per dar peso alla sua dimostrazione doveva trovare un altro esempio.
Alina alternava lo sguardo tra lui e il quadro, non riusciva a capire la connessione che c’era tra il quadro e le sue considerazioni. Rideva e lo guardava come si può guardare uno che è in procinto di perdere il senno. Però lo conosceva e pazientemente attendeva che si spiegasse più chiaramente.
Alienson si allontanò e tornò con un altro quadro, voltato per non farglielo vedere.
– Chiudi gli occhi – Alina obbedì. Alienson le mise la tela a pochi centimetri dal viso.
– Che cosa è?
– È un quadro!
– E cosa rappresenta?
– Non lo so.
– Come fai allora a dire che è un quadro, se non sai neanche cosa vi è dipinto, se qualcosa vi è dipinto!?
– Comunque questo non è importante, so che è un quadro – Alina era decisa a non recedere.
– Scusa, Alina, mi vuoi dire cosa significa per te ‘quadro’?
– E…il quadro è una tavola di vario materiale con su dei colori o dei segni di vario materiale che vogliono esprimere qualcosa.
– E se non vogliono esprimere nulla?
– Dunque, in quel caso è un quadro che non vuole esprimere niente.
– Allora non è un quadro?!
– A parte che un quadro esprime sempre e comunque qualcosa…
– Però così ti contraddici…
– No, il quadro esprime sempre qualcosa.
– Se dessi tela e colori ad un bambino di tre anni e lo lasciassi impiastricciare, anzi, se li dessi ad uno scimpanzè, in quel caso tu come considereresti il risultato?
– Un quadro!
– Ah, un quadro? E cosa rappresenterebbe?
– Un quadro fatto da una scimmia, sarebbe anche interessante.
– Sì? Lo compreresti magari…
– E perché no? un accostamento casuale di colori e forme originali, uniche. Sì, lo comprerei!
– Ma dai, sarebbe un’accozzaglia di sostanze solide i cui colori identificherebbero solo le diversità materiche, perché tra essi non ci sarebbe alcuna relazione.
– Alina dette un colpo di approfondimento che meravigliò Alienson, perché contraddiceva se stessa senza farlo.
– Così tu hai descritto tutti i quadri. Però in più c’è l’idea e quella è dentro di noi. Tieni presente che il quadro non è solo ciò che rappresenta il pittore ma anche ciò che vede l’osservatore, un significato che può anche non coincidere con quello dell’artista.
A quel punto Alienson si adagiò sulla nuova piega del discorso – Basta che sia opera di un uomo…
– Basta che sia arte! – precisò Alina.
– L’arte è l’idea, se non c’è l’idea la chiameremo arte?
– No, questo no altrimenti sarebbe tutto arte.
– Ora non è che voglia tornare indietro, però mi permetto di dirti che il quadro della scimmia non è arte.
– Sì, non lo è, però chi lo può dire…
– Alina forse confondi, l’arte è opera dell’uomo e basta.
– Non nego questo. Dico che se lo mettessimo in una mostra e dicessimo che è stato fatto da un artista, stai sicuro che qualcuno vi vedrebbe qualcosa o perlomeno avrebbe una sensazione.
– Sì, però non è arte, perché anche guardando un’alba si ha una sensazione.
Alina annuì.
– Allora convieni che un quadro può non essere un quadro ma solo un accostamento materico?
– Sì, sempre che non sia l’uomo il deus ex machina.
A quel punto Alina si diede pienamente ragione ed Alienson ne fu consapevole perché non era pensabile un quadro non fatto o non voluto da un uomo. In quel caso anche il quadro della scimmia è un’espressione artistica, poiché l’uomo ponendole il quadro tra le mani compie un’azione che è un gesto creativo e artistico nei limiti della consapevolezza di un vero artista: un’operazione alla quale dà un significato. Ciò che esce dal lavoro della scimmia non è altro che l’idea che esce dall’uomo. Il quadro della scimmia rappresenta qualcosa, nella cifra che le ha dato l’uomo. È il caos, l’indeterminazione ancestrale, la confusione, la perdita della razionalità, il regresso, l’inquietudine dentro di noi e la consapevolezza che se la scimmia non avesse un’anima neanche l’uomo l’avrebbe. La scimmia dunque sarebbe uno strumento dell’artista la cui sola idea di fare ciò si annovera nell’idea artistica.