domenica, febbraio 15

Carlo Verdone l'Italian(s)



L’ultimo film interpretato da Carlo Verdone è “Italians”. Diviso in due parti, nella prima parte Castellitto e Scamarcio, nella seconda Verdone ed un bravo comprimario, Dario Bandiera, il cabarettista siciliano che è uscito dai villaggi turistici, come Fiorello. In comune le due storie hanno la polarità dei personaggi. Castellitto e Bandiera rappresentano gli Italiani da esportazione, quello che si aspettano gli stranieri, pizza e mandolino, i luoghi comuni della generosità e cialtroneria dell’Italiano all’estero, un po’ mariuolo un po’ latin lover, simpatico perché perdente. Verdone e Scamarcio sono l’Italiano sistemato, con una precisa collocazione nella società, che non ha bisogno di cercare affari e intrallazzi all’estero, perché è già riuscito nella propria vita e nel proprio paese. Castellitto recita da par suo, ormai ben rodato nel ruolo, in questa pellicola è gran debitore di Sordi e Manfredi, anzi nella scena finale c’è un chiarissimo riferimento alla commedia all’italiana, “Riusciranno i nostri eroi…”. Su Scamarcio… è evidente che la scelta dell’ attore, in questo film in particolare, non è dovuta alla capacità interpretativa nei livelli della commedia, che non sono per nulla suoi, né tanto meno quella di confrontarsi con un mostro di bravura come Castellitto, l’unico vero grande attore italiano nel solco della tradizione della commedia all’italiana. Piuttosto è un motivo di budget, di marketing per attrarre una certa fascia di spettatori.
La soluzione finale dei due script è elementare oltre che banale.
Su Verdone… direi che ricalca quello che si aspetta il pubblico. C’è qualcosa di non riuscito in questo nostro grande (ex) talento del cinema italiano, e sarà anche motivo di quella velata tristezza che lo accompagna, di ansie da prestazione. Insieme a Benigni e Troisi è entrato di diritto nella storia dello spettacolo italiano. Eppure in Verdone non è risolto, una conflittualità interiore che ha una ragione, a mio avviso ben precisa. I talenti devono essere lasciati liberi di esprimersi, la caratteristica del personaggio è prima di tutto la persona medesima. Se viene imbrigliata in una scuola di recitazione, in una connotazione di spessore artistico studiata, si rischia di corrompere la genuinità del ‘prodotto’. Verdone è l’unico tra i tre, ad aver seguito il Centro Sperimentale di Cinematografia. Potrebbe essere questa la ragione della sua condizione di mezzo. L’intenzione di dover rendere all’opera uno spessore, un significato, una valenza ‘alta’, de-struttura il talento naturale, devia, e purtroppo ha deviato, il corso naturale del suo progresso, della sua unicità. Verdone si è perso dietro la vana ricerca di una soluzione per fare il cosiddetto cinema di autore, e invece bastava che interpretasse se stesso senza lasciarsi condizionare troppo dall'insegnamento. C’è una cosa che, secondo me, gli pesa molto, è l’unico dei tre a non aver mai bazzicato gli Oscar americani, anche se l’oscar è un terno al lotto e per arrivarci bisogna entrare nei canali giusti. Verdone non ci è mai entrato, e nessuno lo ha proposto tra case di produzione e poteri forte del cinema mondiale. Che quello di Verdone non sia un cinema da esportazione? Troppo regionale, troppo romano? Forse, anche Sordi non valicò mai l’Atlantico, non è un demerito. Eppure Troisi era una maschera napoletana e Benigni un burattino toscanaccio. E allora? Ritornando ad “Italians”, sembra che qui Verdone abbia quasi gettato la spugna, troppi “mortac… tua”, uno sfogo una sconfitta o una deriva? Ma c’è ancora una possibilità, anche perché con “Grande grosso e Verdone”, si è giocato la carta sequel, la possibilità è nel far prevalere qualcosa di quello che è, non è sufficiente la rappresentazione della dipendenza dai psicofarmaci, e non l’imitazione di quello che era. Lo esprimerò nella seconda parte, anche con un’idea.
fine prima parte

6 commenti:

Kaishe ha detto...

Ciao Fabioooooooooooooooooooo... che piacere quando trovo qualcosa di nuovo da leggere qui, da te!

Per stare a tema (altrimenti finisco solo per salutare... ma invece mi fermerei a chiacchierare così volentieri se una volta ti "BECCASSI"), Verdone mi piace e non mi infastidisce neppure la sua parlata chiaramente dialettale... Ma del resto, oramai l'attore con voce e "lingua" impostata mica va più di moda... forse nemmeno l'attore che sa recitare.

Che tempi quelli dell'istrione Gassman...

scriptamanent ha detto...

Aspetto di leggere la tua idea come la sveglia nelle notti insonni...

AnnaGi ha detto...

non ho ancora visto il film, ma conto di farlo presto. Quanto al cast, due sole parole: scamarcio: boh, a me non è mai piaciuto molto, ne' come attore nè come uomo. Verdone: un grande! un mito! uno che va forte, però, come dici tu, quando è "sciolto" come ai primi tempi. Dicono che questo film riprenda un po' il verdone degli esordi... vedremo

fabio ha detto...

Kai, di solito al Nord non digeriscono molto la parlata romanesca.

Sì, la sveglia a orologeria, tritolo o nitro! Di solito l'attesa del trillo produce insonnia.

AnnaGi, Verdone ha già in uscita il prossimo film in cui vestirà i panni di un sacerdote. Ha dichiarato che sarà la sua svolta. Lo ha detto in ogni film.

fabio ha detto...

Scripta... grazie (non so di che, è istintivo)

scriptamanent ha detto...

No Caro, grazie a te.