venerdì, aprile 4

L' arpa celtica seconda parte


“È il limite delle terre, prova a vedere oltre il mare ma non l’orizzonte!” C’era il vuoto e l’oceano, oltre il mare… vedevo oltre… era l’abisso. Non era più il mare e il cielo; il buio, sotto di me una voragine senza fondo, terrificante. Mi ritrassi inorridito; “Cosa succede?… cosa mi stai causando?”
“Non puoi avere paura, del fondo della tua anima”.
“Hai fatto una magia!”
“No, ti sto permettendo di riflettere dentro te stesso”.

“È tutto nero, non può essere possibile… c’è una piccola luce lontana, sospesa nello sprofondo, cosa è?”
“Quella è la speranza”.
“Quale speranza?”
“La speranza…”
“Non ho mai vissuto di speranze, vivo con quello che vedo e che tocco e con questa!”, la mia spada.
“Per questo la luce è così lontana, anche se ti è vicina come mai. Ti è accanto, ora”.
Mi colse un senso di disagio, l’immenso buio mi opprimeva: “Basta, fai sparire questa visione!”
“Cavaliere, tu puoi vedere oltre il muro del nulla, se solo volessi…”
Ero disorientato, sentivo che c’era qualcosa che dovevo capire, ma ancora una foschia mi annebbiava la mente, non avevo parole. Lasciai cadere la lama. Mi concentrai sui suoi occhi, c’era nel loro fondo una piccola luce, la stessa luce del mio baratro.
“Tu… tu sei… la speranza?!”.
“Io sono il tuo destino, la tua vita e la tua morte. Io sono l’artefice delle tue speranze, il tuo sogno, i tuoi desideri”.
Mi prese una grande stanchezza, come se avessi compiuto un immane sforzo per giungere a qualcosa che ancora non avevo definito. Crollai in ginocchio, la testa china, respirai profondamente, mi strofinai il viso.
“Senti, donna”, avevo lo sguardo sulla terra, “io non ho ancora capito, però…”
“Non devi capire ma sentire”
Io sentivo, aprirsi un grande telo che disvelava il parere.
“Non sempre quello che ci appare è quello che è”.
“Allora sei tu? Sei tu…”
“Chiudi gli occhi, apri la mente, dilatala all’infinito. Ecco…”
Allora capii, infiniti universi ed infiniti mondi, infiniti tempi sopra e sotto e nulla, nulla che offrisse un sostegno alle certezze della materia, dello spazio e il tempo finito. Un unico tutto senza distinzione. “L’infinito è dentro di me…”
“Dentro e fuori di te!”
“Cosa mi resta da fare? Non posso tornare indietro”
“Allora vieni verso di me, se ne hai la forza”
“Io cercavo la verità e l’ho trovata. Ma non posso non avere paura.”
“Se non hai la forza non puoi avanzare. Io non ti costringerò. Ormai il dubbio delle certezze è dentro di te, questo ti basta”.
La donna divenne fumo che il vento disperse con un soffio delicato. Ero rimasto solo.
Con il mio dubbio e qualcos’altro che bruciava dentro.
Mi addentrai nella foresta, lasciando per la prima volta la spada, con la speranza di ritrovarla, la speranza. Gli alberi divennero il suo corpo ed il vento il suo bacio. Tredici primavere dentro di lei, ma senza di lei. Tredici giri di vita consumandomi nell’idea del Nulla, consapevole di essere alla ricerca di qualcosa che non esiste, e chiedendomi perché il dolore che provavo fosse reale.

Null’altro.