mercoledì, luglio 11

Il male


Variolet era stato un carnefice. Più di cinquanta bambini erano finiti tra i suoi artigli, percossi, violentati, tagliati, strangolati, fatti a pezzi, mangiati, sciolti nell’acido, frantumati, sminuzzati e sparsi nei campi, nei fiumi, nel suo giardino di rose soavi… La morte nera.
Ora, legato e imbavagliato nella stessa casa dell’orrore, attendeva suo malgrado la decisione che avrebbero preso Pierre e Jacque, i genitori di due delle piccole vittime. Erano arrivati a lui grazie alle indicazioni della figlia di Pierre, salvatasi per pura casualità.
Jacque era davanti l’assassino della figlia, l’aveva desiderato, mai sperato di trovarselo a proprio arbitrio; un fremito come corrente sulla pelle, rabbia e dolore misti ad un insano piacere, poter ora abusare lui del mostro tanto cercato. Nervoso, con le mani aperte e le dita tese come quelle di un rapace, pronte ad afferrare la preda, era combattuto tra l’agire d’istinto come un lupo affamato o meditare una decisione con Pierre.
Ma Pierre poteva attendere, lui no. Non riuscì a trattenersi, gli prese la testa tra le mani e gliela scosse violentemente, le unghia si conficcarono nelle guance. Sbavava rabbia, incomprensibile. Pierre lo fermò: “Dobbiamo decidere…”.
“Cosa c’è da decidere? Deve morire, deve morire!”.
“Anche per me è così però se lo facciamo noi, non daremo soddisfazione
ai genitori che attendono giustizia”.
“La giustizia? Eccola, la giustizia…”, sferrò un pugno in pieno volto alla ‘vittima’.
“Jacque, se lo uccidiamo andremo in galera!”
“Sai quanto me ne importa della galera…?”
“Ma io ho una figlia…”
“Io non più, la mia unica figlioletta, il mio amore… Maledetto, maledetto…”, e giù altri colpi con Variolet che gemeva dietro il bavaglio. Pierre lo bloccò.
“Lasciami, lasciami… a te che importa? questo mostro non ti ha ucciso nessuno, di quale giustizia parli, ipocrita!”
“Ma, Jacque,
non so…”
“Cosa fa questo? Ride?”, a Jacque, nel delirio sembrò di scorgere in Variolet una sorta di ghigno. “Stronzo, ti facciamo ridere? E ridi….”, ancora pugni e calci.
“Che dici? Fermati, non vedi che sono spasmi di dolore?”
“Non ce la faccio, lo voglio morto”
“E dopo che lo hai ucciso che hai risolto?”
“Niente, non ho risolto un cazzo di niente. No! non basta la
morte. Bestia… devi soffrire… come hai fatto soffrire mia figlia… Non ce la faccio…”, scoppiò a piangere. Pierre gli mise una mano sulla spalla. “Non ce la faccio… non posso lasciarlo così. Non posso… devo fare qualcosa, ora ce l’ho… ora è qui, è mio…”.
“Chiamiamo le forze dell’ordine, è la decisione più saggia”.
Ma Jacque non era in vena di trattare; i buoni e miti consigli di Pierre lo innervosivano maggiormente, la verità nel fondo era sempre la stessa: sua figlia non c’era più.
Di scatto afferrò un braccio di Variolet, i denti si serrarono sulle carni e strappò via. Pierre inorridì ma non intervenne, Variolet si scuoteva nella sedia. Dalla bocca di Jacque colava sangue con brandelli di carne appesi, come le fauci di una fiera al banchetto, il sapore del sangue lo stava inebriando: “Che c’è’, ti fa male? Ora ti calmo io”, si rivolse a Pierre, “dammi l’accendino”. Pierre non si mosse, “dammi l’accendino!”, gridò. Glielo diede. “Ecco, ora ti cicatrizzo la ferita. Sei contento? bastardo…”. Al passaggio della fiamma, il corpo di Variolet tremò, l’odore di carne bruciata si diffuse nella stanza. Pierre, paralizzato da quella scena,
si limitò a guardare, pensò che forse non era la propria vendetta e che non aveva diritto di fermare l'ira di Jacque, la sua pazzia. Non comprendeva quella rabbia perché non gli era stata provocata; come poteva giudicare e agire? come poteva dire a Jacque quello che era giusto e quello che non era da fare?

7 commenti:

Kaishe ha detto...

Buongiorno Fabio... e tutti quelli che passeranno!
Che bella sorpresa un tuo post...
Vado a leggere subito subito...
...
A proposito...
...
PRIMAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA

Kaishe ha detto...

Fabio...
Avevi anticipato la crudezza e risolto che l'avresti mitigata... ma è crudissimo comunque...
Apre davvero domande nel cuore... Come mi comporterei se fossi io ad aver subito l'atrocità inacettabile di un figlio massacrato da un "mostro"?
Mi viene da dire che il problema di diventare a mia volta assassina non mi si porrebbe, perchè chi ho davanti non è degno di essere definito "uomo"... ma so che è sbagliato...
Ovvero, capisco che DEVO saperlo, ma non lo CREDO... e mi sento sbagliata per questo...
...
Che suggestioni... di mattina...
...

Anonimo ha detto...

La miglior vendetta è il perdono...

fabio ha detto...

Kai, come avrai notato questo racconto è inconcluso. L'originale è molto più crudo, scritto di getto, senza soffermarmi sulle parole ma sulle azioni ed è concluso, una sorte del 'mostro'.
E già Winxxx, ed il perdono lo si dà a chi lo cerca; chiedere il perdono è lecito, perdonare è cortesia.

Kaishe ha detto...

Ma... hai cambiato l'immagine del post... vero?
No, perchè se così non fosse credo che dovrei ricorrere all'aiuto di uno bravo...
...
A propostito di "uno bravo"... eri pure tu a spellarti le mani per applaudire il visitatore "illustre" della vostra città?

Anonimo ha detto...

Guarda che Maryann poi non ci paga mica sai.... baci misspalestra

Anonimo ha detto...

Ahahahaha...beh, Fabione: mi sa ke hai fatto un po' di casino coi proverbi xkè l'originale era: "domandare è lecito, rispondere è cortesia"!!!:))))))
Aahahahahh, cmq... ho capito lo stesso...poco, grazie!!!:)))