mercoledì, maggio 2

Un soffio

Un soffio

Bastò solo un soffio per aggiustare le tendine. Lo fece così, in modo istintivo, senza pensarci, per pigrizia. Subito dopo, come svegliatosi da una ipnosi, si chiese come fosse possibile fare qualcosa con un soffio; alla pari di un gesto magico, uno schioccar di dita, uno strizzar d’occhi, un agitar di bacchetta. Poi meditò sull’utilità pratica del soffio: spegnere una candela, far scivolare la polvere da un libro, far saltare un moscerino dall’occhio. Allora gli sembrò cosa normale. Quindi si spinse oltre e incominciò ad elencare una serie di altri gesti. Soffiare sulla pelle della persona amata nelle notti focose d’estate, gettare alito caldo sulle mani nei rigidi inverni, raffreddare un pasto o una bevanda bollente. Mentre meditava su tutto ciò, il respiro, calmo e costante, aveva leggermente appannato il vetro. Con un lento movimento, vi passò la punta del dito tracciando delle linee confuse. Ritenne giusto credere che quell’alone umido fosse l’impronta del soffio. Si fermò di colpo. Come gli poteva essere sfuggito? Con un soffio Dio aveva creato l’uomo. Era un atto di vita, inspirò profondamente e poi con misurato dosaggio fece refluire l’aria dai polmoni. Un torpore lo pervase, la testa incominciò a girargli, una grande stanchezza lo colse. Fece qualche passo, le pupille rotearono all’indietro, cadde svenuto. Passò appena un minuto, nei primi secondi dal risveglio credé di aver dormito un giorno intero. La perdita di memoria durò poco, arrancò verso il letto e lì rimase sino all’approssimarsi del tramonto. Un insistente citofono reclamava di essere ascoltato, il suono entrò nei suoi sogni, dapprima come rumore lontano poi sempre più forte, finché lo destò. Sapeva chi era, guardò l’orologio. Con un salto scese dal letto e andò a rispondere. Poi corse a vestirsi, si infilò il maglione che per la fretta non spiegò sull’addome. Solo nell’ascensore si aggiustò e si allacciò le scarpe. Una pettinata con le dita prima dell’apertura delle porte, ed eccolo pronto. Lei era in fondo al viale, rischiarata dalla luce di un negozio. Valeria non sapeva se mostrare contentezza di vederlo o piuttosto disappunto per il suo ritardo. Era la terza volta che provava a chiamarlo, dopo un’ora dall’appuntamento. Lui la salutò con un fugace bacio sulla guancia, lei non contraccambiò, aveva deciso la linea dura. Allora le cinse la vita e la spinse a passeggiare. “Ma lo sai che mi è successo?”. Le raccontò del piccolo svenimento e solo allora Valeria si sciolse. Spesso lui dubitava che lei lo amasse ma non le aveva mai fatto presente questa incertezza. Se non era vero le avrebbe dato un motivo per pensarci. Ma lui stesso non era sicuro di amarla. Era bella Valeria snella, agile con degli occhi luminosi. Eppure non riusciva ad abbandonarsi completamente. Aveva la sensazione di vivere solo una breve avventura; forse per questo aveva paura di lasciarsi andare sino in fondo, avrebbe sofferto se un giorno lei lo avesse lasciato, forse avrebbe sofferto anche così. Per parte sua, Valeria nonostante la freddezza riteneva di non essere amata a sufficienza e meditava veramente di lasciarlo, per timore di essere preceduta. Era un grande malinteso.

I due portavano avanti il rapporto, senza una convinta spinta emozionale. Era un gioco di resistenza molto cerebrale in cui si consumavano a vicenda. Questa volta lui ebbe il coraggio di parlarle: “Senti, se tu non vuoi stare con me io non ti trattengo. Sei libera di fare ciò che vuoi”. La donna lo prese come un segno di disamore, non rispose. Lo guardò negli occhi intensamente per capire il valore di quelle parole, più che il significato oggettivo. Lui abbassò il capo volgendo lo sguardo a terra, in quel momento pensò di aver sbagliato. Quell’ulteriore gesto fu interpretato da Valeria come un atto di codardia. Ritenne a quel punto essere giunto il tempo di dire cosa ne pensava, trattenne l’emozione; cercò di recitare la parte di chi fa finta di cascare dalle nuvole e che con voce sufficiente fa volutamente trapelare la propria indifferenza. “Cosa dici? Ho sempre tenuto a te. Le tue parole mi lasciano sorpresa, che ti devo dire…”.

Ora aspettava la sua reazione e lui cadde nella trappola, ritenne che se la storia doveva finire, ebbene le avrebbe scaricato tutto il rancore represso: “Tu non mi hai mai amato!”, e lo disse con una voce cruda e decisa. Valeria controbatté, semmai era lui che non l’aveva amata. Poi stanca di recitare il ruolo distaccato ma tenendo sempre alto l’orgoglio: “Mi vuoi lasciare? E vattene! Chi ti vuole… vattene! Mi sono stancata di te, bravo… lo hai capito?!” Lo disse tutto di un fiato e si avvampò, le era venuto anche un groppo in gola. Lui restò perplesso, c’era emozione in quelle parole e c’era un fremito in quel volto. “Ma io non ti voglio lasciare”, le disse con voce flebile e stanca. La ragazza lo fissò, questa volta lui non abbassò lo sguardo, poi lei volse la testa altrove, ma senza muoversi dalla posizione. Poco distante c’erano dei bambini che giocavano, si schizzavano l’acqua di una fontana e si erano completamente inzuppati. “Guarda come si divertono”, Valeria osservava sorridendo. Lui li vide: “Quando se ne accorgeranno le madri, sai che risate…”. Ci fu silenzio, lei continuava a tenere il capo girato. “Valeria, dimmelo tu, dopo questa oscurità… che deve venire?” Lei ritornò a fissarlo. I grandi profondi occhi in cui un giorno lui si era perso, erano quelli della prima volta, non erano cambiati e non capiva perché li aveva persi. Ora li ritrovava, allora capì. Si strinsero, continuarono a passeggiare, senza dire altro, come se nulla fosse successo. Poco dopo, in lontananza, i pianti disperati dei bambini e le grida rompi timpano delle madri. Le grandi nuvole grigie che per tutto il giorno avevano imperversato sulla città, stavano stancamente lasciando il campo. Si era alzata una lieve brezza, un soffio di vento. Il sole finalmente aveva trovato un piccolo spazio, incastrato tra cielo e terra, una calda carezza di luce prima di tuffarsi oltre la notte.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Buon dì!!!! Quella del Berlusca sul sito di Selvaggi ale ho lette tutte!! Quella dove va all'inferno è spettacolare!!! Per fortuna c sei tu allietare quel blog con i tuoi post-commenti!! Ne scriverai altri di Post sul berlusca?? sono troppo divertenti!!