mercoledì, maggio 9

ponte di ferro



La delicatezza del suo corpo era pari alla sua fragilità. Una statua di cristallo da trattare con cura. Una sola volta Gustav provò a litigare con lei. La pelle di neve ebbe una vampata che quasi la bruciava, gli occhi chiari stillarono lacrime roventi che a contatto con l’aria gelida assunsero la consistenza della grandine. Gustav provò a cambiare registro ma Chiara si era messa a camminare nuda sulla neve, come protesta a quelle accuse. Alta ed esile, l’orgoglio le faceva da corroborante. Gustav uscì di corsa con una coperta. Chiara si era seduta vicino al torrente, già livida, lui l' avvolse tutta mentre lei guardava in silenzio l’acqua che scorreva sotto le lastre rugose.

“Entriamo!”. Chiara non si mosse. Gustav se ne andò senza insistere, sapeva che solo così lei lo avrebbe ascoltato. Infatti dopo pochi minuti Chiara, stringendosi la coperta indosso, rientrò a casa. Lui non oso parlare. Il giorno dopo Chiara era a letto. Una tosse convulsa dette a Gustav il motivo di scaricale le colpe, rinfacciare la sua incoscienza e immaturità. Chiara assorbiva e non si difendeva. “Molto pericoloso”, pensò Gustav. Si sedette vicino a lei. Le spostò i capelli. “Cosa vuoi? Lo sapessi almeno…!” Dopo il grande trauma Chiara si era chiusa. L’anoressia la consumava, le stava scavando la pancia, le guance, le mani, bastava un soffio per farla cadere. Gli occhi azzurri sempre più grandi, sbarrati al mondo, assenti. Quelle dita ossute avevano ancora la forza di tenere una penna. Sul tavolinetto Gustav trovò queste parole che lesse ad alta voce, per provare a smuoverla dal suo sonno.

“Nostalgia, che significa? Non è ammissibile nella vita. Ammollisce l’animo, smorza le ambizioni, la tenacia, la perseveranza, l’intransigenza, la risolutezza, la sicurezza, le capacità, la consapevolezza, la determinazione. Immobilizza. A che serve? Genera rimpianti. La nostalgia futura…”
“Cosa è la nostalgia futura?”, le domandò. Chiara, alzò i grandi occhi ed un appena percettibile sorriso le apparve. Lei pensava che Gustav la volesse incitare a parlare e si aspettava che come al solito rimanesse muta. Ma stavolta avrebbe parlato.
“È un controsenso, non si può avere dolore di una cosa che ancora non ha prodotto i suoi effetti”.
“Ma non c’è un elenco di cose per le quali è consentito avere dolore e altre no”.
“Allora potremmo avere dolore di tutto?!”
“Possiamo avere dolore persino della nostra felicità, pensando che un giorno la rimpiangeremo”.
“Io così vivo!”
“Lo so, ma non è vita questa. Tra i limiti della felicità e del dolore c’è un tragitto che va vissuto, è quella la vita. Non c’è solo nascita e morte”.

Chiara nonostante l’attenzione all’argomento abbassava le palpebre, era stanca, spossata dalla debolezza e dalla febbre. Gustav avrebbe voluto farla ancora parlare ma non forzò. Chiara chiuse gli occhi ed entrò in letargo. Anche lui si sentì stanco, contagiato per simpatia. Cercò la poltrona più vicina e vi cadde a peso morto.

Il sole compì quasi tutta la traiettoria, spuntò dietro il bosco di betulle e accese la casa con gli ultimi raggi di rosso fuoco.

9 commenti:

Kaishe ha detto...

Molto vero... la proiezione al futuro condiziona i sentimenti attuali e il percorso della vita ha più tratti impervi che tratti agevoli...
Questi tuoi racconti sono molto profondi...
Un altro aspetto "interessante" di una persona davvero apprezzabile...

Anonimo ha detto...

___colpito e affondato___sono senza parole...davvero..grazie per aver messo un brano,a me,particolarmente toccante.

MERCURY ha detto...

Ciao FAbio!!!
ma...il racconto è tuo????
semplicemente meraviglioso. Così intenso, da farmi sentire la stanchezza. Che bella l'immagine della nostalgia del futuro. Mi viene da interpretarla come nostalgia per il futuro che avremmo voluto e che non puoi/vuoi vivere.

Lindylinda ha detto...

E va bene così.. senza parole..


.. complimenti..

.. non so di chi sia il brano.. ma è bellerrimo..

Anonimo ha detto...

Ciao!
Il quadro è di Egon Schiele ed il racconto è mio. Il titolo è particolare, il ponte di ferro sembra così rigido e resistente ma la sua elasticità ha dei limiti e basta il fuoco per farlo collassare; come la protagonista così tenace, mentalmente, a coltivare il proprio malessere e così esile fisicamente, in precario equilibrio tra la vita e la morte.

Kaishe ha detto...

Ripeto... bellissimo.
Gustav l'hai tratteggiato con delicatezza ed umanità.
Chiara, profonda e vulnerabile.
Si vorrebbe saper se il sonno avrà un risveglio...

Anonimo ha detto...

Sì, perché lei ormai è arrivata al limite, punto in cui si aprono le porte della verità. Per questo ci costa tanto la verità, solo alla fine di un percorso riusciamo a comprenderla completamente, ma dobbiamo mettere in conto le ferite subìte. Purtroppo è un passaggio obbligato, perché è la verità a venirci incontro ed anche se vogliamo evitarla, prima o poi ci andremo a sbattere.

Kaishe ha detto...

Sai Fabio... il discorso sulla verità è davvero impegnativo e m0lteplice ...
Pr alcuno è "verità" solo la loro verità, per altri è banalmente mancanza di bugie...
Ponzio Pilato intuisce la difficoltà di comprenderla e catturarla, davanti a Cristo e dice: "Quid est veritas?"...
Alcuni hanno "scoperto" che la risposta è contenuta nella domanda stessa e, angrammando le lettere, ne hanno tratto questa dichiarazione "Est vir qui adest"...
Per i credenti è così ma ciò non toglie "durezza" nè preserva dalle ferite ...

Anonimo ha detto...

Kai, il credente non crede semplicemente in Gesù perché ci crede, c'è una croce di mezzo, Gesù per dimostrare il suo credo è passato attraverso la sofferenza.
La croce è il segno della verità, per i Cristiani.
Però convengo con te che è meglio non entrare in questa riflessione.